Quando Mauro & Zagrebelsky hanno ragioni da svendere…
24 Maggio 2011
di redazione
La sinistra italiana — quella odierna giacché la sinistra che andava da Giuseppe Saragat a Palmiro Togliatti, nel bene e nel male, era ben altra cosa — non finisce mai di stupire per la sua incontenibile inventività. Lo dimostra il recente ‘dialogo’ La felicità della democrazia (Ed. Laterza) tra Ezio Mauro e Gustavo Zagrebelsky. In realtà, si tratta di un neo-dialogo, essendo quello antico, platonico, un confronto dialettico: per lo più, tra Socrate e un interlocutore — di volta in volta Alcibiade, Gorgia, Protagora o altri — che su certi temi, come la virtù, la giustizia, l’amicizia etc., aveva idee molto diverse da lui. Il direttore di ‘Repubblica’ Mauro e il suo più illustre collaboratore Zagrebelsky, invece, almeno nella sostanza, la pensano allo stesso modo. Possono cambiare gli stili retorici, i termini impiegati, le disposizioni sentimentali (pessimismo vs ottimismo) ma la pietanza è la stessa: una concezione della democrazia lontana dal liberalismo classico e volta a dimostrare che la libertà (democratica) può essere effettiva solo quando saremo (grosso modo) tutti uguali. In fondo, il programma sempreverde della sinistra azionista.
In quanto coro a due voci, il neo-dialogo si differenzia pure dall’Intervista. Quest’ultima — v. ad es. l’Intervista sulla Repubblica (ed. Laterza) che, grazie all’intervistatore Maurizio Viroli, ci ha mostrato quanto la senescenza potesse appannare la lucidità dello sguardo anche di un Maestro come Norberto Bobbio — è caratterizzata dal fatto che le domande vengono poste per dare modo all’intervistato di dispiegare liberamente tutto il suo pensiero e persino di mettere a nudo la sua personalità mentre chi interroga rimane in ombra anche se si tratta di un collega o di un grande giornalista (ad es. Antonio Polito che intervista Ralf Dahrendorf). Il neo-dialogo, al contrario, mette gli interlocutori sullo stesso piano, come il dialogo antico, ma non ci fa assistere a un duello ma tutt’al più a un controcanto. E’ un genere letterario destinato a sicuro avvenire in un’epoca in cui il pensiero unico celebra i suoi trionfi.
Mauro & Zagrebelsky, nella loro dottissima chiacchierata, danno fondo allo scibile: parlano di tutto—dalla globalizzazione al multiculturalismo, dalla comunità ai diritti, dal consumismo all’azionismo—ma, sullo sfondo, del palcoscenico in cui si svolge l’incontro campeggia, sinistra, l’ombra del Cavaliere, come da copione of course. Dinanzi a tanta ricchezza, arretro sgomento ma mi permetto solo, senza chiederne autorizzazione all’interessato,di chiosare una pagina di Ezio Mauro che mi ha davvero aperto la mente. Parlando della ‘legge-bavaglio’ sulla stampa, il successore di Eugenio Scalfari, scrive, visibilmente indignato, <Quel tentativo di ‘riforma’ — la tentazione rimane e riemerge periodicamente — che cos’era? Dietro le definizioni di comodo e le spiegazioni di propaganda voleva impedire ai cittadini di avere notizia delle grandi inchieste, come se si potesse tenere un Paese all’oscuro, con il rischio di andare a votare scegliendo senza saperlo un candidato indagato per gravi reati>. Pensate un po’! In base alla legge-bavaglio, se Enzo Tortora si fosse presentato alle elezioni, si sarebbe corso il rischio di votarlo senza sapere che era stato indagato per associazione a delinquere di stampo mafioso!
Va però riconosciuto ai due dioscuri del republicanism, che senza una legge che tuteli la libertà e la dignità dei cittadini candidati politici, non si possono evitare ‘tragici errori’ ma si può contare sulle sanzioni inflitte ai magistrati che abbiano operato, diciamo così, con troppa leggerezza. Come si sa, Tortora è morto, per aver somatizzato il dolore e la vergogna provati dalla diffusione massmediatica del suo ammanettamento ma i giudici, responsabili (moralmente) della sua <distruzione> hanno ricevuto sanzioni pesantissime da parte del CSM. Non sappiamo quali ma sicuramente ci saranno state perché, in Italia, se la politica è un terreno inquinato dal berlusconismo, la magistratura ha, per definizione, le <mani pulite>. Lo dicono Mauro e Zagrebelsky e <Mauro e Zagrebelsky sono uomini d’onore!>.
(Dino Cofrancesco)