Quando si fermerà la giostra della politica?
04 Marzo 2012
Tutti sulla giostra. Come in un luna park dove più le luci sono sfavillanti e più si è attratti ad andare. Tutti sulla giostra, la politica sulla giostra. Le luci sfavillanti sono gli annunci, gli scenari, le ipotesi, i ‘si può fare’, le fughe in avanti e i dietrofront, l’azzardo, la tattica, il gioco a sparigliare le carte. Sette giorni sette, raccontano le montagne russe dei partiti che vorrebbero portare la politica nella terza repubblica. Ma dove sta la politica? Tutti sulla giostra, nessuno escluso: il Pdl con Berlusconi, il Pd con Bersani, il Terzo Polo con Casini. Tutti alla ricerca di un valido motivo per non arrendersi al governo dei tecnici, per pensare a un 2013 dove i tecnici tornino al loro mestiere dopo aver tolto le castagne dal fuoco a una politica in crisi di identità. E di progetti.
Pdl. Un giorno dietro l’altro, un annuncio dietro l’altro. Parole, dichiarazioni, accelerazioni e poi frenate hanno scosso un motore ingolfato, ma ciò che ne è uscito è un gran fumo bianco. Berlusconi è tornato sulla scena, anzi c’è ripiombato, destabilizzando un quadro già di per sé confuso. Aggiungendo altra confusione. I congressi con le lotte di potere locali, il partito da riorganizzare in una dimensione non più e non soltanto carismatica ma strutturale, gli attacchi alla segreteria Alfano e Alfano lì a parare i colpi: è il quadro di un partito che dopo la batosta delle dimissioni di un premier mai sfiduciato, ha subìto un contraccolpo non da poco e sta tentando, lentamente, di uscirne anche se a fatica e tra mille resistenze. Così fino a mercoledì. Giovedì il colpo a sorpresa: il Cav. fa saltare il banco. Non in modo estemporaneo perché chi lo conosce assicura che raramente si lascia prendere la mano dall’istinto. Ma stavolta forse sì.
Prima si guadagna i titoli a nove colonne dei quotidiani e la cascata di agenzie stampa annunciando da Bruxelles di essere possibilista e pure favorevole a un governo del dopo-Monti, nato da un’intesa tra le forze politiche-modello grande coalizione, non escludendo il fatto che possa essere lo stesso Monti o uno dei suoi ministri (Passera ad esempio anche se non lo dice apertamente) a guidarla da premier. In altre parole, la trasposizione politica del modello tecnico di oggi. Un masso (non un sasso) nello stagno: mezzo Pdl sgomento e in rivolta, l’altra metà convertito al montismo. Stesso effetto nel Pd: sollevazione interna. Mezzo partito indignato, l’altra metà folgorato sulla via montiana. E Bersani costretto a dire che no, nel 2013 in campo ci stanno i partiti, punto e basta. Gli unici ad esultare sono i terzopolisti con Casini che un giorno sì e l’altro pure declina ‘il verbo’ del Prof. e lo invoca come unico salvatore della politica tra un anno quando la politica sarà giudicata dagli elettori. A proposito, ma la sua politica finora cosa ha prodotto? Ha saputo solo dire no, via Berlusconi, critiche a destra e sinistra, poco altro.
Sabato un altro giro di giostra. Il Cav. rilancia il progetto del partito dei moderati sul quale Alfano da tempo tesse la tela con un Casini che pretende di dettare le regole del gioco. Nel farlo, però, si lascia scappare ciò che poche ore dopo smentirà: una parolina che per il segretario del partito suona come una ‘messa in mora’ in chiave 2013: questione di ‘quid’. Forse ne ha più il leader Udc? Forse il Cav. ha in mente qualcun altro al posto dell’ex Guardasigilli? Caos: tutti a cercare di capire, tutti alle prese con un ‘quid’ da decifrare. In mezzo ci si mette l’idea di “Tutti per l’Italia” , il nuovo partito che secondo Giuliano Ferrara, Berlusconi ha in mente da tempo archiviando il Pdl, o meglio, cambiando nome per poi prepararlo come grande contenitore per il partito unico dei moderati.
Sabato, la giostra della politica gira ancora. Berlusconi cambia tutto: esalta il ‘quid’ di Alfano (che evidentemente in ventiquattrore ha ritrovato o acquisito), dice che è bravissimo, coltissimo, preparatissimo e che si mangia gli altri segretari a colazione, pranzo e cena. Certo che sarà lui il candidato premier del centrodestra nel 2013, come lui ha già indicato e ora intende riconfermare pubblicamente. La giostra non si ferma.
Il paradosso è che mentre a Roma si costruiscono e si disfano castelli nell’arco di 24 ore nello scintillìo di un luna park chiassoso, il popolo del Pdl va ai congressi e partecipa in massa alle primarie: per decidere, per scegliere, perché crede ancora nella politica e nel partito. Qualcuno fermi la giostra della politica e riparta da qui.
Pd.Il quadro è speculare a quello del Pdl. Bersani non se la passa per niente bene e al di là del botta e risposta a distanza col Cav. sulla grande coalizione, in casa sua deve fronteggiare un partito lacerato su più fronti e tutti strategici. Sulla riforma del lavoro deve decidere se stare con Monti e la Fornero oppure se con la Camusso e la potente Fiom guidata da Cremaschi. E all’interno della segreteria, deve tenere insieme due scuole di pensiero contrapposte: i riformisti veltroniani, lettiani, franceschiniani, che spingono per regole nuove in un mondo che non è più solo quello del totem dei diritti acquisti e altri, tipo Fassina, che no non vogliono irritare la Cgil e la Fiom.
Ma nella settimana che si è appena chiusa, si è riaperta un’altra grana: la Tav in Val di Susa. E qui Bersani deve decidere se mantenere la barra dritta sull’opera da fare in linea col governo, oppure se non lasciare troppo campo a Vendola e Di Pietro impegnati a cavalcare la protesta dei comitati anti-Tav. Un doppio fronte, insomma, interno ed esterno. In entrambi i casi, incandescente. Come la terza spina nel fianco di Bersani: la foto di Vasto. Che farne? Stracciarla definitivamente, metterla nell’album dei ricordi o rispolverarla e investirci (politicamente) da qui al 2013? Anche qui, il rischio è una frattura sempre più ampia tra chi sponsorizza l’accordo con Sel e Idv e chi vorrebbe una decisa virata verso l’area di centro, isolando le estreme. La giostra non si ferma.
In tutto questo dove sta la politica? Monti sta facendo il suo mestiere e per il momento – piaccia o no – sta rispettando la tabella di marcia delle riforme per le quali è stato chiamato. Ma per un governo che va dritto per la sua strada, c’è una politica che arranca, che lo insegue cercando di stare al passo eppure ha il fiatone e il passo corto. Con l’obiettivo, non dichiarato, di intestarsi la golden share dei risultati finali.
Ieri sulle agenzie è comparsa la bozza dei tecnici sulla riforma costituzionale che dovrà ridisegnare l’architettura dello Stato: più potere al premier, abbattimento del numero dei parlamentari, iter dei provvedimenti più spedito in parlamento, superamento del bicameralismo perfetto. E’ un primo passo visto che è opera della politica. Ma da solo non basta.
E soprattutto: sono i partiti a dover scendere dalla giostra, abbandonare lustrini e paillettes della ribalta mediatica e rimettersi al lavoro a testa bassa producendo l’unica cosa possibile che gli elettori chiedono: un’offerta credibile. L’unica cosa che in democrazia fa la differenza tra chi vince e chi perde.