Quanto ci costa l’uomo più intercettato d’Italia
23 Giugno 2011
di Ronin
Intercettare Bisignani è stato il colpo di genio dei pm Curcio e Woodcock. Non potendo controllare direttamente le utenze di ministri e parlamentari, quando hanno scoperto che mister x intrecciava relazioni con mezza Italia che conta hanno deciso di ascoltare le sue conversazioni, sperando che qualche pesce grosso finisse nella rete. Ma per incastrare Bisignani serviva un impianto accusatorio mastodontico, evocare la P2, le intelligence parallele, le società occulte e la massoneria deviata, insomma la memoria della relazione di maggioranza Anselmi, la fermezza democratica della partigiana bianca. Il problema è che il Gip ha smontato la stragrande maggioranza dei reati imputati alla ditta Bisignani, lasciando aperta soprattutto la violazione del segreto istruttorio.
Intercettare Bisignani è stato anche il colpo di grazia che i pm hanno voluto dare ad un governo indebolito dalle sconfitte elettorali e referendarie, ad un partito, il Pdl, agitato da profonde scosse telluriche. Con il chiaro obiettivo di farli implodere. I brogliacci sulle rivalità tra le correnti berlusconiane, i personalismi, sono diventati il vero reato contestato nelle piazze mediatiche, anche se non si tratta di reati, visto che la politica è fatta di alte battaglie ideali ma anche di normali scontri di palazzo. Il qualunquisco giustizialista pretende di rappresentare i primi e si nutre dei secondi, invidie e ripicche, rimestando nel fondo in cerca di errori e (umane) debolezze. La P4 è semplicemente una aberrazione giuridica, un escamotage per una scientifica operazione di destabilizzazione della vita pubblica e discredito della classe politica (scena già vista), che stenta ad avere eguali nel resto del mondo occidentale. Ad assumere un contorno sovversivo è proprio il potere giudiziario, che aggiunge malanimo, rancori e sfiducia nell’opinione pubblica, in un momento di crisi interna e nel contesto della caotica situazione internazionale. A quale prezzo? Quanto ci costano i Woodcock da un punto di vista dei diritti individuali e da quello finanziario?
Ieri Massimo D’Alema ha parlato di "una valanga di intercettazioni che nulla hanno a che vedere con vicende penali". Ha proposto e ottenuto di avere le carte dalla procura di Napoli sull’inchiesta. Non si tratta semplicemente di intercettazioni, centinaia di ore di intercettazioni, che stanno dissanguando le casse della giustizia (i dipendenti delle aziende private specializzate nel ramo, 9.000 persone, sono sul piede di guerra, pronti a mobilitarsi contro le procure che non hanno più i soldi per pagarle. "Il debito accertato è di un miliardo di euro", secondo il ministro Alfano); c’è di peggio, sulle pagine dei giornali finiscono anche spezzoni di interrogatori, quei delicatissimi momenti della vita di un uomo in cui sei davanti alla legge e saresti pronto a a tutto per contrattare la tua libertà e convincere il giudice della tua innocenza. L’opposizione, la sinistra, dovrebbero porsi il problema di quest’uso spregiudicato del potere giudiziario, e della sua oscena ricaduta mediatica, che mortifica i più basilari diritti umani.
Nelle conclusioni delle indagini, i pm si richiamano alla Legge per "sacrificare il diritto alla riservatezza" e spiegano di aver fatto ricorso ad una "acquisizione di fonti di prova atipica" per incastrare Bisignani, entrando nel computer della sua segretaria, violandolo a distanza senza una perquisizione o un sequestro. Tutto questo per smascherare "una organizzazione dedita all’acquisizione e alla gestione illecita di notizie riservate e secretate", un’accusa che paradossalmente potrebbe rovesciarsi sui due pubblici ministeri napoletani.