Quattro israeliani ammazzati a Tel Aviv: il “processo di pace” secondo i terroristi palestinesi

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Quattro israeliani ammazzati a Tel Aviv: il “processo di pace” secondo i terroristi palestinesi

09 Giugno 2016

Il terrorismo palestinese colpisce ancora Israele, Tel Aviv, uccidendo 4 civili e ferendone svariati altri.

Gli attentatori, due palestinesi ventenni, benvestiti, “sembravano avvocati” ha detto un testimone citato dal NYT, si sono seduti ad un bar nell’affollato mercato di Sarona e poi hanno aperto il fuoco contro i passanti. Sono stati arrestati dalle forze della sicurezza israeliana.

L’attacco terroristico di ieri è solo l’ultimo di una lunga scia di sangue dopo quelli iniziati (quando mai sono finiti) lo scorso ottobre, sempre contro civili, a Gerusalemme e nelle altre città israeliane, che hanno fatto qualche dozzina di vittime, accoltellate o uccise a colpi di arma da fuoco.

I media israeliani hanno trasmesso le immagini delle scene di giubilo palestinese a Hebron (la città da dove arrivavano i due terroristi) dopo l’attacco, mentre Hamas a Gaza esaltava la “intifada di Gerusalemme”, ricordando, appunto, il sangue israeliano (e di due americani) versato negli ultimi mesi. Il leader dei terroristi di Hamas, Haniyeh, ha scritto su Twitter: “Gloria e saluti agli autori della sparatoria al mercato di Sarona”.

L’attacco di ieri dimostra se ancora ce ne fosse bisogno quanto è vuota l’espressione “processo di pace”, visto che il terrorismo palestinese continua a colpire civili in Israele, proprio a ridosso dell’ultima passerella organizzata dalla Francia nei giorni scorsi, la Conferenza internazionale di Parigi. Ennesimo simulacro con cui la cosiddetta “comunità internazionale” si lava periodicamente la coscienza annunciando la ripresa dei “colloqui di pace”.

Conferenza che infatti si è conclusa con l’auspicio dei partecipanti a rivedersi a settembre. Il solito flop. Nel frattempo, la sempre moderata e dialogante Lega Araba aveva annunciato (il 7 giugno) di rifiutare l’iniziativa del premier israeliano Netanyahu, una ripresa dei negoziati sulla base del mutato contesto nell’area. Secondo la Lega Araba, Netanyahu non vuole “porre fine alla occupazione”. L’attacco di ieri dimostra quale sia realmente l’interesse degli arabi e dei palestinesi verso la ricerca di un compromesso.

Netanyahu prima di tornare dal suo viaggio in Russia ha detto che lo Stato ebraico è disponibile ad allargare il numero dei Paesi interessati al dialogo pacifico in Medio Oriente, inclusi i palestinesi, ma ha aggiunto che questi ultimi “non vogliono negoziare” e sono solo alla ricerca di una copertura internazionale.

Fa bene quindi Israele a chiedere negoziati diretti tra le parti, un cambio di approccio da parte della vecchia guardia corrotta ancora al potere nella West Bank e dei terroristi di Hamas. I palestinesi devono accettare negoziati “senza precondizioni”, perché solo così, inchiodandoli alle loro responsabilità, al sangue versato per l’ennesima volta ieri pomeriggio, e senza ingerenze esterne, si potrà dimostrare che qualcosa può cambiare.

Ma guardando le immagini che arrivano da Tel Aviv l’impressione è che i palestinesi non cambiano mai. Gli assassini sparano contro persone inermi. Hamas brinda. E alla Casa Bianca c’è ancora un presidente che evita di definire tutto questo terrorismo.