Quattro leve pubbliche sulle quali agire per la ricostruzione in Abruzzo

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Quattro leve pubbliche sulle quali agire per la ricostruzione in Abruzzo

20 Aprile 2009

Larga parte dei commenti sui possibili interventi per le zone terremotate è dedicata a questioni di dettaglio. Manca una visione d’insieme per gestire e comunicare la crisi. E come al solito ciascuno pensa a mettere le mani avanti e difendere il proprio orticello.

Un esempio? Numerosi commenti della carta stampata sono dedicati alle modalità di intervento del Ministero dell’Economia. Particolare attenzione è riservata al meccanismo del 5 per mille, una delle principali forme di “democrazia fiscale diretta” con cui il contribuente può destinare una minima parte delle proprie imposte a un beneficiario ben preciso. Non poche parole sono state poi spese in difesa dell’apposito fondo da 360 milioni di euro alimentato con il gettito del 5 per mille: ONLUS, associazioni di promozione sociale, ecc… Il web magazine della Fondazione Fare Futuro – tanto per non fare nomi – ha montato una autentica crociata contro l’utilizzo del 5 per mille per la ricostruzione dell’Abruzzo.

Il rischio di tanta attenzione al dettaglio è quello di vedere la proverbiale pagliuzza ma ignorare la trave nell’occhio. Le stime del Viminale ci dicono infatti che la ricostruzione costerà circa dodici miliardi di euro. Miliardi. Una cifra rispetto a cui il salvadanaio per il 5 per mille è ben poca cosa. La chiave per la ricostruzione non può che essere altrove!

Perché non capire quali siano le leve pubbliche capaci di fare la differenza?

Chi scrive ne suggerisce quattro, in crescente ordine di rilevanza:

  1. Per le donazioni da parte di società, si debbono studiare normative d’emergenza che consentano la deduzione integrale dai redditi di impresa dei trasferimenti a favore dei terremotati. In questo modo le società avrebbero un ulteriore, potente stimolo a contribuire alla ricostruzione delle zone colpite. I primi ad avervi interesse sarebbero gli operatori presenti in Abruzzo. Come quelli farmaceutici (Sanofi-Aventis, Dompé, Menarini), che hanno già fatto sapere di essere pronti a mettere mano al portafogli, purché il Fisco una volta tanto venga in aiuto.
  1. Per le donazioni da parte di privati, deve essere aumentata la percentuale di detrazione ordinariamente prevista.
  1. Occorre fare pressione in sede comunitaria perché i governi degli altri Paesi concedano a loro volta sgravi (deduzioni, detrazioni) a chi, straniero, vuole fare donazioni ai terremotati italiani. Difficile? Certo, soprattutto se si considera quanto gli stati sono attaccati alla propria sovranità fiscale. Ma è quanto previsto dai principi europei. Ed è quanto ribadito chiaramente dalla Corte di Giustizia del Lussemburgo nella sentenza “Hein Persche vs. Finanzamt Luedenscheid” (Causa C-318/07) del 29 gennaio scorso.
  1. Occorre studiare con cura il meccanismo di “scudo fiscale” per il rimpatrio dei capitali detenuti all’estero e non dichiarati. Il precedente “scudo” – su pressioni di ambienti Bankitalia – consentiva il mantenimento dei soldi all’estero. L’edizione in arrivo, verosimilmente, comporterà il rimpatrio “fisico” dei soldi e l’obbligo di reinvestirli a sottoscrizione di emissioni di debito pubblico. Emissioni da vincolare al finanziamento della ricostruzione abruzzese.