Quei nodi da sciogliere per il Centrodestra
20 Novembre 2015
A dieci giorni dalla fotografia scattata sul palco di piazza Maggiore a Bologna, Berlusconi, Salvini e la Meloni si rivedono. Un vertice, tenutosi mercoledì sera a Roma, ha segnato, nelle intenzioni dei partecipanti , un’ulteriore tappa nel percorso di ricomposizione del frastagliato mondo di centrodestra, proposito che una nota congiunta dei tre partiti si è poi incaricata di mettere nero su bianco: in vista delle importanti scadenze amministrative del prossimo anno, l’obiettivo «prioritario e irrinunciabile» è quello della vittoria elettorale e del successivo buongoverno delle città, ragion per cui i candidati verranno scelti sulla base di un criterio che prescinda dalla logica dell’appartenenza «alle forze politiche che li propongono», in una cornice, beninteso, di ritrovata compattezza della coalizione.
Sui nomi vige il massimo riserbo, anche se i ben informati danno per certa una corsa di Giorgia Meloni a Roma e scommettono sul direttore del "Giornale", Alessandro Sallusti, per la riconquista di Palazzo Marino dopo la stagione colorata di arancio della giunta Pisapia.
Ancor prima di tracciare il profilo dei candidati, bisognerebbe comunque ragionare sui metodi di scelta e sull’articolazione dei contenuti utili a dare linfa ad una piattaforma ideale e programmatica che si vuole alternativa al renzismo e all’antisistema di Grillo. E dunque, quale modello di centrodestra si è in procinto di costruire? Si guarderà con nuove lenti allo strumento democratico delle primarie che, pur con i limiti conosciuti, restano la migliore fonte di legittimazione popolare, o sono destinate a prevalere le vecchie logiche per cui le candidature si decidono tra pochi intimi a tavolino?
Questo centrodestra pretende di porre veti, alzare muri e scavare fossati utilizzando slogan impraticabili, oppure è interessato ad aprirsi al contributo di movimenti e associazioni che lavorano alla riorganizzazione dell’area popolare e conservatrice per evitare il rischio che il bipolarismo futuro si riduca alla scelta Renzi-Grillo? E con quale spirito si guarda alla vitalità espressa dal civismo che cinque mesi fa, per riportare un solo esempio, ha consentito al centrodestra unito di sbarcare in Laguna a sostegno di Luigi Brugnaro?
Sono questi i nodi da sciogliere in vista delle amministrative della prossima primavera, che non avranno un peso limitato alla dimensione esclusivamente locale. Passa da Roma, Milano, Napoli, Bologna e Torino, il futuro di un centrodestra che vuole proporsi come alternativa forte e credibile di governo.
Ma la disaffezione e la crescita dell’antisistema devono spingerci a riflettere su quali percorsi intraprendere per evitare che l’unico argine diventi il populismo. E per questo non bastano i vertici tra Berlusconi, Salvini e la Meloni. Occorrono nuovi concetti, partecipazione, dialogo, confronto. In parole povere, occorre allontanarsi dal solco tracciato in tempi recenti, per non ripetere gli stessi errori.