Quel bivio leghista tra il “Borghi di lotta” e il “Giorgetti di governo”

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Quel bivio leghista tra il “Borghi di lotta” e il “Giorgetti di governo”

Quel bivio leghista tra il “Borghi di lotta” e il “Giorgetti di governo”

14 Febbraio 2020

Giancarlo Giorgetti, fin qui mulo da soma leghista al governo, è quello delle interviste del giorno dopo: non certo per codardia ma perché in questo mondo politico che sembra sempre più un Luna Park è uno dei pochi che sa ancora pensare (a proposito, non perdetevi uno strepitoso Fabrice Luchini, nelle vesti del Sindaco di Lione nonché politico di lungo corso, che assume nel suo staff una giovane ricercatrice col compito di farlo tornare a pensare…) e, soprattutto, sa rendere questa attività compatibile con la lealtà che si deve quando ci si obbliga con un partito. Il vecchio Disdraeli lo sapeva bene e, per questo, non aveva dubbi: un gentiluomo tra la propria coscienza e il proprio partito, sceglie sempre il proprio partito…

Da qualche giorno Giorgetti è diventato Responsabile della Politica Estera della Lega. Detta così verrebbe da esclamare: “che carriera!”. E invece quell’incarico ha il significato di una svolta e il sapore di una consapevolezza. Come se, messa da parte “la spallata”, in questo strano 2020 nel quale, come alla fine della Grande Guerra, tutti sono esausti, la Lega abbia compreso di dover resistere più degli altri. E prepararsi a governare quando gli attuali governanti saranno definitivamente sfiniti, non diversamente dai tedeschi del 1918. Per questo, la prima cosa che serve è legittimarsi nei contesti internazionali. Perché per andare al governo servono i voti, per restarvi servono anche le élites.

A tal fine, però, non bastano le buone maniere. Servono scelte di fondo, soprattutto in ambito economico. Bisogna, insomma, che la Lega scelga tra il “Borghi di lotta” e il “Giorgetti di governo”, per evitare che si annullino e che il secondo degradi a mera foglia di fico. E bisogna decidere “che fare” di quei moderati che non hanno nessuna voglia di trasformarsi in Responsabili (magari per sostituire Renzi) e ai quali, fin qui, nessuno ha però offerto un tetto sotto il quale vivere o una robusta sponda per poter esistere.

Solo così si può ricostruire un centro-destra di governo. Assai più efficacemente che con le baruffe chioggiotte per conquistare questo o quel candidato governatore al di sotto della linea Gustav. Iniziativa legittima, per carità, ma assai poco entusiasmante. E che, soprattutto, riguarda il partito che c’è, avversario – se non nemico – del governo che verrà.