Quel Califfato appena dietro l’angolo
16 Giugno 2011
di Raheel Raza
“Mentre i governi occidentali, incluso quello australiano, lavorano duramente per ostacolare le insurrezioni e mantenere la loro morsa sul mondo musulmano, noi dobbiamo impegnarci ancora più duramente per la liberazione e il ritorno all’Islam”. Se pensate che queste parole siano il messaggio delirante di qualche fanatico religioso, che parla da una grotta sperduta dell’Afghanistan, vi sbagliate. Queste parole provengono dal manifesto di lancio della Khilafah Conference 2011, “Rivolte nel mondo islamico… sulla strada verso il Califfato”, che si terrà nella prima settimana del luglio prossimo.
Pur vivendo a migliaia di chilometri di distanza in Canada, io, musulmana canadese in prima linea nella battaglia contro lo jihad integralista in Occidente, non sono solo allibita, ma spaventata. Hizb ut-Tahir – uno dei più vituperati e temuti gruppi islamici dell’Asia centrale, che sostiene la creazione di uno stato islamico mondiale − ha il permesso di tenere in Australia una grande conferenza, il cui unico scopo è la propaganda anti-occidentale e il dibattito sull’instauramento di un califfato musulmano?
Da quando, tanto tempo fa, ho smesso di essere politicamente corretta e da quando so che l’Australia si sta scontrando con numerose questioni di integrazione e di sistemazione, poste dalle comunità di immigrati, c’è qualcosa di male se mi domando “per quale motivo permettete a un’organizzazione fanatica e integralista, come Hizb ut-Tahir, di operare nel vostro Paese?”. Non penso che gli australiani siano così ingenui da non conoscere il programma e le intenzioni di gruppi come Hizb ut-Tahrir, ma, se lo fossero, lasciate che vi faccia un rapido ripasso di ciò che ci troviamo di fronte.
Oggi una delle più grandi minacce, sia per i musulmani moderati sia per chi non è musulmano, è l’Islamismo, un’ideologia che deriva dagli insegnamenti salafiti-wahhabiti dei sauditi – sostenuta ed esportata nel mondo a suon di miliardi di petroldollari. Definiamo questa ideologia “islamismo” o “Islam politico” in primo luogo perché la fede non è politica, e la politica non è fede. Se la fede viene ingabbiata all’interno della politica e se la politica si maschera da fede, il risultato è uno stato d’inquisizione.
L’islamismo è un’ideologia politica o, meglio, un’ideologia politica armata. Oggi è impegnata in uno sforzo globale con lo scopo di sovvertire le democrazie, fondare un califfato ed espandere lo spazio in cui instaurare la legge islamica, la sharia. L’islamismo integralista è stato descritto da Daniel Pipes, direttore del Forum per il Medio Oriente, come “un derivato dell’Islam, ma in una versione anti-moderna, misantropica, misogena, anti-cristiana, anti-semitica, terroristica e suicida”.
Al contrario, il messaggio spirituale dell’Islam, cioè la fede, è praticato da un 1,3 miliardi di musulmani, la cui voce purtroppo è stata sovrastata dal chiasso dei militanti che urlano slogan e mettono da parte il messaggio compassionevole e spirituale del Corano. Come uno studioso ha recentemente affermato, “il problema maggiore nel mondo musulmano oggigiorno non sono gli islamisti, ma l’assordante silenzio della maggioranza dei musulmani moderati, che non levano la loro voce contro lo spudorato dirottamento della loro fede”.
Lo scorso anno Hizb ut-Tahrir ha tenuto un meeting segreto in Canada, che ho seguito in incognito, soprattutto perché i media erano troppo preoccupati per organizzarsi senza che ci fossero sentori di violenza. Ma le organizzazioni come HT sono attente a come muoversi e i loro portavoce hanno l’abitudine di dire in inglese una cosa e nella loro lingua madre un’altra. Così riescono a instillare idee integraliste senza ricorrere a discorsi d’odio. A quest’incontro il messaggio è stato chiaro – è dovere di ogni musulmano che vive in un Paese non musulmano imporre la Sharia e impegnarsi per uno stato islamico. Ciò è tra l’altro totalmente contrario all’insegnamento del Corano, che indica ai musulmani di seguire le leggi dei Paesi in cui vivono.
In Canada lottiamo duramente per l’uguaglianza, la democrazia e le libertà – ognuna delle quali è un’anatema per gli islamisti (e sono sicura che l’Australia non è da meno). Tuttavia gli islamisti non hanno esitazioni nello sfruttare le stesse libertà, contro cui si scagliano, per promuovere il loro messaggio, come stanno progettando di fare alla conferenza del mese prossimo.
No. Noi non vogliamo né la Sharia né un califfato in Nord America – non è vero?
(Tratto da The Commentator)
Traduzione di Stefano Fiori