Quel che resta del G20 di Cannes
16 Maggio 2014
C’entrano le banche, la grande crisi e l’Europa del Sud. L’economia ma soprattutto la geopolitica. Finché l’ex segretario del Tesoro americano Geithner non ci dirà chi erano gli eurocrati che durante il vertice del G20 a Cannes nel 2011 suggerirono agli Usa di scaricare l’allora presidente del consiglio italiano, Silvio Berlusconi, non sapremo mai come sono andate realmente le cose. Ma possiamo fare delle ipotesi. In ossequio a quella esigenza di chiarezza per cui, mentre ci diciamo europei, non abdichiamo alla idea di sovranità nazionale.
In realtà le ‘rivelazioni’ di Geithner non sono così sconvolgenti: se avete amici in Grecia probabilmente vi hanno raccontato come ad Atene sia opione comune che nel 2011 Papandreu uscì di scena repentinamente dalla vita politica del suo Paese dopo aver proposto un referendum su quella austerità che in seguito non è detto abbia risollevato Atene dal baratro. Sul Telegraph si cita un altro libro, scritto da Lorenzo Bini Smaghi, ex board della Bce, in cui viene dipinto un ritratto simile a quello raccontato da Geithner in Stress Test. L’ex premier spagnolo Zapatero ne ha scritto pure lui e in una intervista a Formiche l’economista Giulio Sapelli ha invitato i lettori ad allargare il tiro: non solo l’Europa del Sud, Papandreu, Berlusconi, Zapatero, ma anche la signora Merkel (ci soccorre Snowden) all’epoca seguita attentamente grazie ai potenti ritrovati della tecnologia.
Del resto basta leggersi il Guardian di quei giorni per accorgersi che le minacciate ritorsioni del Fondo Monetario Internazionale contro l’Italia, ‘svelate’ da Geithner, erano storia pubblica. Le lacrime della Cancelliera Merkel che cerca conforto in Obama davanti al rischio del default greco. Il presidente francese Sarkozy, uomo chiave nelle nuove relazioni transatlantiche, che risponde bruscamente all’idea del referendum greco per uscire dall’Euro. La convergenza degli USA e dei "poteri forti" europei nel mettere in riga l’Europa del Sud dal suo debito eccessivo.
Ma attenzione perché dalle parole di Geithner si percepisce anche una divisione tra USA e Germania che, da quel momento, non si è più stata sanata. Una divisione geopolitica. Con gli USA pronti a fare di tutto per sostenere la Grecia, un Paese tradizionalmente strategico per il contenimento della Russia (non vi suggerisce qualcosa in questi giorni?) e la Germania che invece stenta a impegnarsi direttamente nel neanche troppo costoso salvataggio di Atene. Da cosa dipende la frattura che si apre tra Washington e Berlino? Dal fatto che l’Unione Europea negli anni precedenti si è allargata molto ed essendosi allargata tanto al suo interno si sono formati dei gruppi di Paesi che fanno capo ad altrettanti stati-guida: quello più forte è diventato il blocco tedesco, il cuore pulsante della Ue che si sposta sempre di più verso Oriente ed oggi è il primo interlocutore di Mosca. Ma è rimasto solo a difendere l’austerity.
Tutto questo per dire che bisogna evitare il provincialismo, riducendo fenomeni storici complessi e di ampia portata esclusivamente all’Italia e a Berlusconi come se tutto il resto del mondo ruotasse intorno a noi. Siamo solo un pedone, ma non arrendiamoci al ruolo di pedina, nel grande gioco. D’altra parte la storia di un Paese la fanno due cose: la sua politica estera e la sua politica interna. E in quel 2011, complice la crisi economica, in Italia vengono al pettine tutte le debolezze della maggioranza che sosteneva il governo. Il maturare della crisi politica interna impedisce di curare come si deve l’interesse nazionale; per una serie di ragioni storiche siamo più deboli insieme alla Spagna e alla Grecia e seguendo il ragionamento fatto prima non possiamo proporci come stato-guida di Eurosud.
E’ una situazione che favorisce la subordinazione della politica alla tecnocrazia, la espone alle bolle speculative del capitalismo finanziario, in ultima istanza ci proietta in un futuro non bello dove la democrazia sembra sfiorire. Del resto se c’era veramente un piano per mettere sotto controllo l’euro si è scontrato successivamente contro il ruggito dell’antipolitica, in uno scenario ancora imprevedibile. A meno che appunto la politica non ritrovi forza e coraggio in se stessa.