Quel che si cela dietro la “minaccia americana” della Fiat di Marchionne

Banner Occidentale
Banner Occidentale
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

Quel che si cela dietro la “minaccia americana” della Fiat di Marchionne

24 Febbraio 2012

 La Fiat di Sergio Marchionne corre verso l’America. L’intervista rilasciata al Corriere della Sera questo venerdì 24 febbraio ha infatti il merito di essere molto sincera. Il manager italo-canadese ha infatti annunciato che se non ci fossero le condizioni per lo sviluppo della casa torinese nel nostro Paese, in particolare del buon esito delle economie di scala tra Chrysler ed Alfa, Fiat potrebbe chiudere due dei cinque stabilimenti oggi presenti in Italia.

Un nuovo duro colpo all’Italia? È vero solo in parte; in realtà l’amministratore delegato di Fiat ancora una volta si contraddistingue per le sue capacità di stratega. Il gruppo ha serie difficoltà in Europa, come ammesso anche dallo stesso manager e una maggiore flessibilità è necessaria per cercare di non subire il duro contraccolpo della recessione in atto nel Vecchio Continente.

Nel mese di gennaio Fiat è scesa al 7 per cento della quota di mercato, quasi un punto percentuale in meno di quanto registrato lo scorso anno. Le vendite sono crollate del 16 per cento, in linea con l’andamento del mercato italiano, mentre il numero di veicoli immatricolati in Europa è diminuito “solo” del 7 per cento. Dati molto difficili per la casa automobilistica tornese che si ritrova molti stabilimenti ad un regime sotto la profittabilità.

L’utile di oltre 4 miliardi di euro del conto economico 2011 deriva infatti dai mercati extra-europei, Brasile in primis, dove Fiat continua ad essere leader del mercato; tuttavia anche Chrysler sta trainando tutta la casa automobilistica torinese grazie al buon andamento del mercato USA e al contestuale aumento della quota di mercato. Perché allora Sergio Marchionne può essere definito come ottimo stratega?

Perché è il primo a sapere che cinque stabilimenti in Italia sono troppi per il numero di veicoli prodotti. Indirettamente è confermato da una cifra che può passare in secondo piano, ma che in realtà è l’elemento chiave del mondo automotive: la soglia di un milione di auto, limite verso il quale uno stabilimento deve arrivare per massimizzare le economie di scala.

L’AD di Fiat infatti sconfessa la strategia di Volkswagen dove una stessa piattaforma potrebbe produrre fino a 2 milioni di veicoli l’anno. Tuttavia se un milione di veicoli l’anno è la soglia ottima per minimizzare i costi, si comprende bene la debolezza della produzione italiana. Nel nostro Paese si producono poco più di 600 mila veicoli l’anno, la stessa cifra di quanti se ne producevano nel solo stabilimento di Tichy in Polonia e gli 800 mila dello stabilimento brasiliano.

Se anche la produzione italiana per stabilimento si fermasse introno ai 250-300 mila veicoli l’anno, l’insieme della produzione sarebbe pari a circa 1,5 milioni di auto. Un livello non impossibile, ma certamente non facile da raggiungere. Il lancio dei modelli ritardato nel vecchio Continente è reso necessario dal cattivo andamento del mercato secondo Marchionne, ma così facendo le quote di mercato Fiat rischiano di cadere ai minimi storici e di indebolirsi ulteriormente.

Le condizioni sono due per raggiungere questi obiettivi secondo il manager Fiat: in primo luogo bisogna aspettare che il mercato si riprenda e questo non potrà avvenire prima del 2014 e secondo, ma non meno importante, si deve “estendere” il contratto “Pomigliano” a tutti gli stabilimenti italiani del gruppo.

L’allargamento del contratto “Pomigliano” a tutta Italia deve passare sotto la valutazione dei sindacati e degli operai e vi sono non remote possibilità che questa volta il referendum possa non passare. L’ultima consultazione a Mirafiori ha infatti dimostrato come la maggioranza favorevole al cambiamento sia davvero risicata. E invece proprio sul secondo punto Fiat deve riuscire ad agire velocemente e Marchionne l’ha detto in maniera indiretta ma molto chiaramente: o si fa così o si chiudono due stabilimenti.

Cosa faranno i sindacati? L’AD di Fiat continua ad elogiare il sindacato americano per il suo atteggiamento collaborativo, ma bisogna anche ricordare che Chrysler e tutto il mercato USA è in forte crescita. È più facile raggiungere accordi quando la strada è in discesa.Vi è un dato certo. Il baricentro Fiat non è più in Italia e nemmeno in Europa. Le previsioni di vendita per il 2012 sono chiare. Più del 60 per cento delle vendite del gruppo verrà da oltre Oceano.

Fiat è sempre più americana, piaccia o non piaccia e questo Marchionne lo sa bene.