Quel fanatismo dell’indignazione targato 5 Stelle
30 Giugno 2014
Premesso che incalzare un governo è il sale del confronto democratico, veniamo alla grillata mista di giornata per capire a cosa può ridursi questo pur nobile principio. Il deputato Di Battista, "il rutelli dei 5 Stelle", come lo chiama Damilano, ha scritto un lungo e sguaiato post pubblicato sul blog del Capocomico, dando esplicitamente del mafioso al ministro Alfano. Lo stesso odioso appellativo che tempo fa l’Onorevole aveva riservato anche ai democratici Cuperlo e Civati.
L’autore ha poi chiuso la sua filippica sui dieci motivi per cui Alfano dovrebbe dimettersi da ministro definendolo "istituzionalmente pericoloso". Direte voi e qual è la novità visto che ormai siamo tutti abituati alla estetica politica pentagruelica? E’ lo zelo denigratorio che spinge a chiedersi, ancora una volta, quale sia l’idea delle istituzioni che ha Di Battista. Il quale, dopo aver esordito come "scrittore" per la Casaleggio & Associati pubblicando un saggio sui sicari latinoamericani, è stato eletto in Parlamento e nominato vicepresidente della commissione esteri alla Camera.
Per essere al suo posto, il Di Battista non ha solo rinunciato a una folgorante carriera nella cooperazione internazionale ma ha pure sottoscritto il "non statuto" della "non associazione" che fa del Blog l’unica voce ufficiale del movimento. Per cui si dà il caso di un parlamentare espressione di un movimento politico legittimo ma che però dipende da un Blog che a sua volta è di proprietà di una azienda privata con cui il medesimo deputato collaborava prima di farsi eleggere.
Sempre da "non statuto", l’Onorevole si è impegnato a non partecipare a talk show e a farsi rappresentare dagli addetti alla comunicazione del movimento, visto che da quelle parti chiunque non sia allineato al Blog o viene espulso o se ne va volontariamente, in spregio all’articolo 47 della Costituzione che esclude il mandato vincolante e imperativo.
Questioni politiche e giuridico-costituzionali non da poco, che aprono un conflitto d’interessi sulla cui pericolosità per le istituzioni ci si è più volte interrogati. Tanto più allora occorre farlo pensando al tono e allo stile delle invettive pentastellate: un aggressivo moralismo codino, la smisuratezza delle accuse, la volontà irrazionale di farsi notare a tutti i costi che delineano bene il fanatismo della indignazione targata M5S.
Indignazione che nelle intenzioni dell’Onorevole dovrebbe funzionare da ritornello propagandistico ma che si riduce in ultima analisi soltanto a se stessa, in un’eterna ripetizione dell’Uguale, sostituendosi al raggiungimento concreto di qualsiasi obiettivo politico. Infatti sono trascorsi due governi repubblicani da quando Alfano è alla guida del Viminale e nonostante gli sforzi roboanti di Beppe & i Caciaras il ministro resta al suo posto.