Quel minuetto sull’immigrazione tra Gentiloni e Macron

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Quel minuetto sull’immigrazione tra Gentiloni e Macron

22 Maggio 2017

Bando ai convenevoli? Macché. L’incontro tra Macron e Gentiloni si è dimostrato uno scambio di moine non indifferente. Oltre al fatto che, come raccontato da certi giornaloni, più che un incontro tra due capi di Stato, quello di ieri nei giardini dell’Eliseo prima della cena di lavoro è sembrato un abbraccio tra due capitani coraggiosi, due eroi pronti a salvare le sorti dell’umanità. “L’elezione di Macron è stata un’iniezione di fiducia e di speranza per l’Europa. Ora bisogna investire questo capitale in una direzione comune” a cominciare dall’unire le forze “in termini di difesa e sicurezza e politiche migratorie comuni”, ha detto Paolo Gentiloni. Aggiungendo che è necessario “andare nella giusta direzione su regole comuni che l’Italia intende rispettare. Sono certo che italia e Francia lavoreranno insieme per un’ Unione europea più forte e più vicina ai cittadini”.

Di questa “giusta direzione” tutti ne parlano, nessuno la conosce. Quando è toccato a Emmanuel Macron, la risposta è stato un romantico, “non abbiamo ascoltato abbastanza il grido di aiuto dell’Italia sulla crisi dei migranti“. Se in qualche modo era anche un tentativo di ricordare i tre agenti accoltellati alla stazione centrale di Milano, la palla andrebbe passata a chi, proprio a Milano, sindaco in testa, ha marciato nella manifestazione pro-migranti. Macron ammette di aver “sentito il grido di allarme dell’Italia sulle regole per l’asilo“, peccato però che la Francia di Hollande a suo tempo sigillò il confine di Ventimiglia e che in generale i Paesi Ue non hanno mostrato tutta questa apertura quando si è trattato di redistribuire i profughi tra i Paesi membri; Italia e Grecia sono state lasciate sole.

Più in generale, l’intenzione di Macron è di “studiare insieme modi e mezzi per migliorare l’Ue stabilendo una road map” e di lavorare “in stretta collaborazione con l’Italia e la Germania e con tutti i paesi con cui condividiamo i valori per far avanzare e migliorare l’Europa”. Al centro dell’incontro, la sicurezza internazionale insieme all’agenda del G7 “clima, migranti, commercio internazionale e crescita condivisa”, detta Macron. Così mentre a Taormina si parlerà del presunto riscaldamento globale e di Cop 21, come ha già chiesto a Gentiloni la presidente della Camera, Boldrini, non è chiaro quale sia la politica europea sulla immigrazione, anzi, l’impressione è che ormai nella Ue ognuno in materia vada per la sua strada.

Se è così, fa bene il ministro dell’interno, Minniti, a incontrare gli omologhi di Libia, Niger e Ciad al Viminale, spingendo sull’apertura dei campi profughi direttamente in Libia e per un rafforzamento degli investimenti nella sicurezza e controllo delle coste libiche. Si può anche allargare il tiro a Ciad e Niger, due dei paesi di transito delle centinaia di migliaia di migranti che dall’Africa sub sahariana si spostano verso l’Europa. Resta da capire però qual è il ruolo italiano in Libia, e quanto andranno a incidere gli errori commessi da Renzi e Gentiloni sulla Libia nelle scelte che faremo a breve, in una situazione estremamente fluida e pericolosa come quella in atto, con gli scontri, sanguinosi, tra il governo di Tripoli, Sarraj, le tribù e il generale Haftar. Su chi stiamo scommettendo esattamente in Libia? 

Del resto, tornando all’incontro tra Macron e Gentiloni, furono proprio i francesi, insieme agli inglesi, a realizzare il disastro libico – nel quadro delle fallimentari primavere arabe obaminae – e questi due Paesi ancora coltivano i loro interessi di potenza nel Mediterraneo. Insomma altro che grido d’aiuto dell’Italia, al prossimo bilaterale Gentiloni chieda conto a Macron di cosa ha combinato e combina ancora Parigi in Libia.