Quella guerra alla statue che fa storcere il naso anche ai progressisti

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Quella guerra alla statue che fa storcere il naso anche ai progressisti

Quella guerra alla statue che fa storcere il naso anche ai progressisti

19 Giugno 2020

La guerra alle statue, così come quella alle immagini, ha spesso contrassegnato la storia del mondo occidentale. In particolar modo le sculture hanno conosciuto momenti nei quali hanno catalizzato il consenso o il dissenso (per non dire il disprezzo) delle folle. D’altronde la stessa parola monumento deriva dal latino “monere” che significa ricordare e un’opera d’arte che si trova in una piazza o all’interno di un edificio sta lì a ricordarci un pezzo del nostro passato, della nostra identità. E’ per questo che, nel momento in cui la storia si è trovata a un bivio, le statue spesso hanno rappresentato il bersaglio privilegiato di rivolte o rovesci di regime, come accadde a Baghdad nel 2003 quando i soldati americani, da poco entrati in città, buttarono giù la scultura dedicata a Saddam Hussein. Dunque, si dirà, ciò che sta accadendo in questi giorni nelle piazze americane e di alcuni paesi europei fa parte di un qualcosa che si è già verificato più volte in un passato più o meno recente e che, quindi, magari c’è solamente bisogno di aspettare che le proteste si plachino da sé per far tornare tutto alla normalità.

Quest’ultima considerazione può però risultare essere decisamente superficiale e il motivo è presto detto: mentre anni e secoli fa i monumenti venivano imbrattati o abbattuti in protesta contro un’idea politica o religiosa particolarmente viva e presente (come accadde nei vari periodi della cosiddetta iconoclastia nel mondo cristiano), l’attuale accanimento verso le statue si rivolge invece contro personaggi contrassegnati certamente da delle ombre nel loro passato, ma che non sono mai stati considerati dei “nemici del popolo”, per dirla alla Ibsen.

C’è da dire che molti personaggi non riconducibili certamente al mondo conservatore hanno manifestato una certa distanza da quanto accaduto nelle ultime settimane, a dimostrazione del fatto che le azioni di distruzione ed abbattimento delle statue operate dalle proteste del “Black Lives Matter” non hanno scaldato i cuori di tutti i progressisti. Una preziosa testimonianza in tal senso si può ricavare da una dichiarazione rilasciata al sito ilforo.eu dal popolare storico Alessandro Barbero, il quale ha respinto con forza la logica dell’abbattimento delle statue affermando che questa è sbagliata da cima a fondo sostanzialmente per due motivi: il primo è che non esistono attualmente nel mondo occidentale monumenti dedicati a personaggi che abbiano commesso fatti così gravi da essere considerati criminali e da esecrare; mentre il secondo riguarda il fatto che questi atti rappresentano un vergognoso esempio di “imperialismo culturale” perpetrato soprattutto ai danni di “quel luogo diverso che è il passato”.

E’ evidente quindi che la discussione sul tema andrà avanti per molto e, c’è da scommetterci, per quanto in molti storcano il naso di fronte ad atti di evidente brutalità altre statue ed altri pezzi della nostra memoria andranno in frantumi in nome delle logiche radical chic di certa sinistra.