Quell’arte che Brahms raccoglieva nel suo piccolo scrigno
12 Luglio 2008
di Vito Punzi
Un recente studio di Alberto Cevolini dedicato all’arte di fare estratti (De arte excerpendi, Leo S. Olschki Editore, Firenze) ha lanciato una bella provocazione al cuore della nostra società fondata sul microchip: la “rivoluzione” introdotta dalla stampa (“la prima modernità”) ha consentito il passaggio, in Occidente, dal primato della reminiscenza a quello della dimenticanza, ovvero, “da una società nella quale si era insegnato a ricordare, a una nella quale si impara, in modo praticamente irreversibile, a dimenticare”. L’ars excerpendi, l’arte cioè di leggere libri con profitto redigendo raccolte di estratti, si è sviluppata parallelamente alla necessità di ritrovare passi, citazioni e definizioni senza bisogno di riaprire e sfogliare miriadi di libri diversi. E’ patrimonio della nostra letteratura uno dei più grandi, sublimi esempi di “scrigno” letterario: lo Zibaldone leopardiano. In realtà, quello di Giacomo non è solo raccolta di excerpta, ma insieme di riflessioni, note ed appunti, tanto da segnare il punto critico della provocatoria tesi di Cevolini: in Leopardi l’estratto, e con lui l’intero zibaldone, più che uno strumento per dimenticare diventa fondamento ed occasione di sostegno all’attività creativa.
L’Ottocento europeo è ricco di altri esempi simili, e tra questi spicca quello dell’amburghese Johannes Brahms, da segnalare anche perché da poco in libreria il suo Album letterario o lo scrigno del giovane Kreisler (EDT, Torino, p. 207). Ottimamente curato e tradotto in questa edizione italiana da Artemio Focher, il libro rende conto della grande passione del musicista per la lettura: se da giovane non esitava a spendere i pochi spiccioli a disposizione per acquistare, da adulto si trasformò in un appassionato bibliofilo, avvinto spesso dal desiderio di possedere prime edizioni di raccolte poetiche, cimeli letterari ed altro. Laddove non riusciva ad impossessarsi di qualche testo ricorreva facilmente al prestito da amici. Insomma, più che una passione, la lettura. Così pure l’esercizio di trascrivere estratti nel suo “Schatzkästlein” (il piccolo scrigno del tesoro). Dalla lettura di questo libro (la prima edizione tedesca risale al 1909) emerge la figura di un giovane musicista ancora alla ricerca di una propria identità. Alla ricerca di conforto alla propria precarietà di musicista alle prime armi, Brahms sceglierà per l’Album come per alcune sue composizioni giovanili, lo pseudonimo di Johannes Kreisler, il trasgressivo e geniale “Kapellmeister” frutto della fantasia dello scrittore E.T.A. Hoffmann, della cui opera, tanto amata anche da Robert Schumann, il musicista fu grande lettore.
La ricca sequenza di estratti presenti nel “piccolo scrigno” racconta di un’infinita varietà d’interessi: arte, antropologia, società, politica, religione, morale e, ovviamente, musica. Tra gli autori letterari più citati troviamo Goethe, Novalis, Schiller e Shakespeare (da Hofmann non ci sono estratti perché dei suoi libri faceva continuamente uso) e se da un lato gli estratti, mai accompagnati da commento, non rimandano direttamente a sue composizioni musicali, dall’altro va ricordato come la sua musica si nutra di poesia, sia del tutto “poetica”, sia cioè, per dirla con Costantin Flores, “stimolata in maniera molteplice da suggestioni poetiche, da immagini, da versi e da poesie”. Certo è che dagli estratti emerge una conoscenza approfondita di che cosa fosse l’estetica musicale romantica. Non meno interessanti risultano le testimonianze dei suoi “entusiasmi” politici, per gli ideali rivoluzionari “quarantotteschi” prima e per Otto von Bismarck poi.
Per gli appassionati cultori di musica brahmsiana si segnala infine una bella mostra intitolata “Johannes Brahms: icona del mondo borghese?”, visitabile fino al prossimo 30 agosto nel Brahms-Institut situato presso