Quelli del Tea Party hanno archiviato il “multiculturalismo devoto” di Bush

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Quelli del Tea Party hanno archiviato il “multiculturalismo devoto” di Bush

19 Novembre 2010

La scorsa settimana George W. Bush, riemerso dopo lungo silenzio per promuovere le sue memorie, ha snobbato il Tea Party. “Ho già visto una specie di Tea Party nel 1992,” ha affermato l’ex-presidente durante la trasmissione del noto presentatore radiofonico conservatore Rush Limbaugh, “non è una novità per me.”. Bush faceva evidentemente riferimento al miliardario H. Ross Perot, la cui campagna presidenziale raccolse un quinto dell’elettorato attorno a due convinzioni: che il deficit cresciuto sotto Bush padre fosse una minaccia, e che Bush senior fosse uno snob, connivente nel lasciar andare oltreoceano posti di lavoro sottratti agli statunitensi. Ora se questo è l’atteggiamento ideologico con cui Bush guarda ai Tea Partiers, non sembra esserci spazio a sufficienza per queste opposte visioni dentro il GOP. 

Le possibilità di sopravvivenza nel lungo periodo del Tea Party dipendono fortemente da quanto esso sarà percepito dall’elettorato come una riedizione del bushismo oppure come un ripudio di esso. Come si sarà notato tira un forte vento conservatore nella politica statunitense di questi tempi. Un sondaggio Gallup dello scorso ottobre ha mostrato che, in un campione di potenziali elettori, i sedicenti conservatori superano significativamente i sedicenti liberal, in un rapporto di 3:1. E nonostante il fatto che le ultime elezioni di medio-mandato abbiano segnato una vittoria del Partito Repubblicano, il GOP rimane ancora un marchio “contaminato”. Infatti due terzi dell’elettorato ritiene che l’amministrazione Bush meriti una certa dose di biasimo per le difficoltà economiche della nazione. 

Molti del Tea Party sono dell’avviso che il Presidente Obama possa essere accompagnato alla stessa porta dal quale è uscito anche Bush. Se è vero che Obama ha fatto passare il piano di stimolo, Bush ha pero’ fatto passare il T.a.r.p.. Se il Presidente Obama ha voluto il sistema sanitario nazionale, Bush gli ha aperto la strada facendo approvare la concessione di aiuti per i medicinali prescritti nel programma Medicare. Se le scelte dell’amministrazione Obama hanno fatto balzare il deficit a livelli vertiginosi, quelle di Bush gli hanno dato una bella spinta in partenza. Domanda: dov’era allora il Tea Party? Uh? 

Due leader del Tea Party, Matt Kibbe e il repubblicano ex-membro del Congresso Dick Armey, animatori del gruppo d’azione politica di Freedom Works, insistono sul fatto che i Tea Partiers sono ben più di un gruppo di “ faziosi arrabbiati e perdenti”, come affermano nel loro libro Give Us Liberty. “L’espansione del ruolo dello Stato sotto il regno di George W. Bush ha fatto da detonatore,” scrivono i due, “e i salvataggi di Wall Street hanno dato il là alla tempesta cui assistiamo oggi.” . I due guardano al 28 Settembre 2008 – il giorno in cui il Congresso ha bocciato il Tarp e gettato il mondo finanziario mondiale nel panico – come “il giorno in cui il movimento del Tea Party è rinato.”. 

Benché la sollevazione non abbia coinvolto tutto il partito Repubblicano, ne ha mobilitati abbastanza perché fosse chiaro che Bush non potesse più a lungo rappresentare l’intero partito. E’ difficile individuare il momento preciso in cui la lenta separazione tra conservatori e Repubblicani si sia prodotta perché, dopo l’11 Settembre 2001, poco è stato approvato e ancor meno dibattuto. In qualche modo, durante gli ultimi sette anni della sua presidenza, Bush ha fatto pensare a molti elettori Repubblicani che egli non fosse più dalla loro parte. Lo storico della Vanderbilt University, Gary Gerstle, ha firmato un saggio contenuto in una nuova collezione (The Presidency of George W. Bush, curata da Julian E. Zelizer) che offre la migliore spiegazione in merito a ciò che è accaduto. 

L’oggetto di indagine di Gerstle è il rapporto di Bush con il multiculturalismo. 

Si potrebbe pensare che ciò sia in qualche modo questione periferica, ma in realtà è stata al centro dell’azione della sua presidenza. Bush, molto più a suo agio con i cambiamenti demografici di quanto non lo sia la maggior parte del suo partito, vinse le primarie per il governatorato del Texas, strappando metà dell’elettorato ispanico e un quarto dell’elettorato nero ai Democratici. Bush era convinto che, nel lungo periodo, i Repubblicani avrebbero dovuto corteggiare elettoralmente le minoranze con un’alternativa valida al multiculturalismo messo in campo dai Democratici. In parole povere, Bush decise di parlare alla minoranze in termini religiosi piuttosto che in termini razziali. Gerstle lo chiama "multiculturalsmo religiosamente rivolto" o "multiculturalismo devoto". I cristiani ispanici e le loro Chiese erano alla base di questo modello così come, all’indomani degli attentati terroristici, i musulmani divennero interlocutori privilegiati. 

Le elezioni presidenziali del 2000, che Bush vinse malgrado avesse ricevuto un minor numero di il voti popolari, furono un segnale che egli non fosse del tutto sulla buona strada. Gerstle pensa che la sua magnificazione della ‘diversità’ fosse sincera. A conferma di ciò, il passaggio più strano delle recenti memorie di Bush (a parte quel ricordo d’infanzia in cui Bush ammette di aver ucciso il pesce rosso di sua sorella versando vodka nell’acquario) è la sua reazione spropositata alla pretesa del rapper Kanye West che l’incompetenza mostrata dal Presidente Bush in occasione dell’uragano Katrina, affondasse le sue radici nella mancanza di considerazione che il Presidente riponesse nel destino degli afro-americani. “All’epoca dissi a Laura che si trattava del momento più difficile della mia presidenza,” scrive Bush. “Provo ancora lo stesso sentimento oggi.”. 

A volte la diversità può essere perseguita a costo politico zero, ad esempio nominando Colin Powell primo Segretario di Stato di colore. Mentre delle volte questo non è possibile. Se il conservatorismo “costituzionale” del Tea Party è una scintilla che sta lì-lì per dar fuoco alla catasta di legna, allora molto del programma di Bush è stato solo un costosissimo e soffocante ammontare di legname sul fuoco. Lette così, aver incanalato un bel mucchio di denaro federale in programmi urbani di welfare e di lotta al consumo di sostanze stupefacenti non ha giovato. Bush ha inoltre espanso il malaccorto programma di Bill Clinton, teso ad incoraggiare l’acquisizione della prima casa per le minoranze. La sua legge No Child Left Behind, la quale si proponeva l’obiettivo di migliorare il rendimento educativo delle minoranze, ebbe come conseguenza di aver centralizzato molti poteri a Washington DC. 

Bush promosse una zona di libero scambio e migrazione nelle Americhe, rafforzando ancora di più il NAFTA, affinché questo diventasse qualcosa di simile al modello Unione Europea. Di fatto il rifiuto pieno di rabbia dei conservatori Repubblicani alla sua proposta di riforma sull’immigrazione del 2007 – non così difforme dalle proposte di Obama – fu il chiaro segnale di come egli stesse perdendo il contatto con gli umori del suo partito. Se lo storico Grestle avesse ragione, potremo addirittura darci ad un parallelo pieno di ironia. Il Presidente Obama si è fatto male a causa del rifiuto dell’elettorato di accettare il suo modello social-democratico, mentre Bush ha contribuito a creare il Tea Party quando ha fallito nel realizzare il modello cristiano-democratico che si è rivelato essere pianta aliena al sistema statunitense.  

Tratto dal Financial Times

Tradotto da Edoardo Ferrazzani