Quell’inspiegabile no al minuto di silenzio per le vittime di Monaco ’72

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Quell’inspiegabile no al minuto di silenzio per le vittime di Monaco ’72

14 Giugno 2012

Un’altra nube si addensa sui prossimi Giochi olimpici di Londra. Dopo le minacce para-terroristiche provenienti dalla Federazione Anarchica Informale (FAI), già sviscerate da L’Occidentale in un articolo a firma di Alma Pantaleo, ‘Londra, le Olimpiadi e quell’esasperata paura del terrorismo’ del 29 Maggio scorso, ora è la volta di un mero affaire di natura politico-diplomatica.

Andiamo con ordine. Ricorre, tra poco meno di tre mesi, il quarantennale del massacro delle Olimpiadi di Monaco di Baviera. E’ il 5 Settembre 1972 e, alle prime luci del mattino, un gruppo di terroristi palestinesi dell’organizzazione ‘Settembre Nero’ fa irruzione all’interno degli alloggi israeliani del villaggio olimpico.

Le esecuzioni immediate di due atleti che tentarono di opporsi e il fallito blitz della polizia tedesca causarono la morte di 17 persone, di cui 11 atleti, 5 fedayyìn e 1 poliziotto. Un evento storico oggetto tra l’altro di una splendida ricostruzione cinematografica ad opera di Steven Spielgerg. La pellicola del 2005, dal titolo ‘Munich’, ripercorre infatti con grande maestria le fasi che condussero al massacro e, soprattutto, la risposta israeliana nei confronti dei responsabili dell’eccidio (la cosiddetta ‘Operazione Collera di Dio’, ndr).

Ora, attraverso l’interposizione del vice ministro degli Esteri israeliano, Danny Ayalon, al Comitato olimpico internazionale (Cio) era giunta una semplicissima richiesta di due delle vedove degli uccisi – Ankie Spitzer, vedova dell’allenatore di scherma Andrei Spitzer, e Ilana Romano, vedova del sollevatore di pesi Yossef Romano: un minuto di silenzio durante la cerimonia d’apertura dei Giochi.

Direte: il Cio avrà concesso senza alcun patema d’animo il minuto di silenzio per commemorare le vittime di quel maledetto Settembre di 40 anni or sono. No, difficile a credersi ma tale concessione non è affatto arrivata. Un niet affidato a un breve e lapidario comunicato: "Il Cio ha regolarmente commemorato la strage del 1972 e così farà a Londra con una cerimonia durante i Giochi, ma non ci sarà il minuto di silenzio nella sfilata d’apertura. La decisione è stata presa dal Cio insieme al Comitato olimpico israeliano. Verrà organizzato un evento per ricordare le vittime e il presidente del Cio Jacques Rogge vi parteciperà". Bene, ma cosa costava un placet ulteriore? La risposta, evidentemente, non può che essere in re ipsa: nulla.

Inoltre, si tratta di una (non) decisione già adottata dai vertici olimpici nelle passate edizioni. Il quarantesimo anniversario della strage, però, aveva acceso una speranza circa l’accoglimento di una richiesta tanto banale quanto di civiltà. Un diniego, quello del Cio, in grado di provocare la giusta contro-replica di Ayalon: “La risposta del Cio è inaccettabile, perché rigetta i principi base della fratellanza su cui si suppone che l’Olimpiade poggi. L’uccisione degli atleti israeliani non fu solo un attacco a uomini di una certa nazionalità, ma un colpo al cuore dei Giochi e della comunità internazionale. Speriamo che questa decisione sia presto ribaltata".

Ecco, il cuore del problema risiede proprio nel considerare, a torto marcio, il massacro di Monaco alla stregua di un evento nazionale, e non come "un colpo al cuore" – tanto per citare l’espressione utilizzata da Ayalon – allo spirito dei Giochi. Il Cio, in questo senso, si staglia nel solco di un’inspiegabile minimizzazione di quegli avvenimenti. E pensare che le Olimpiadi dovrebbero rappresentare il trionfo dell’unione tra i popoli. Peccato, davvero.