Questa settimana, insalata mista

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Questa settimana, insalata mista

Questa settimana, insalata mista

03 Gennaio 2010

BAGGIANATE

La Repubblica, 9 novembre, pag. 36: “Per sconfiggere il crimine basta ascoltare Mozart”. E’ stupefacente quanta presa hanno sui lettori, e anche sui titolisti, queste ripetute baggianate sulla musica. Con Haydn le mucche danno il 7,5% in più di latte. Beethoven fa crescere meglio la lattuga. Grazie a Mozart i nati prematuri aumentano di peso e i ladri si redimono.

A parte che sarebbe interessante sapere dove ha le orecchie la lattuga, ma anche la mucca che le ha bene in vista, noi dubitiamo molto che sia in grado di elaborare il significato dei suoni organizzati da Haydn nella sua musica, distinguerli dai ruminamenti delle compagne di stalla e quindi dirsi: “Bella questa sinfonia, come sono serena. Fammi spremere un po’ le ghiandole e tirare fuori quel mezzo litro in più”.

Mentre siamo tutti d’accordo sull’effetto emozionale (non certo culturale) di una batteria di tamburi militari che accompagna una marcia e dà il ritmo ai passi. Intorno ai 60 di metronomo, che coincidono con il battito di un cuore giovane. Così come il tunka tunka della musica tecno (anche questo attorno allo stesso numero) non è altro che l’attualizzazione dei tamburi rituali Sioux: tori seduti e squaw a danzare insieme per marcare l’appartenenza alla tribù.

Ma in questi casi si tratta di suoni primitivi che entrano e agiscono ai livelli più arcaici.

Invece Mozart, come Stockhausen del resto, per essere capito (e anche, ma non necessariamente, amato) richiede un’appartenenza culturale, una preparazione che difficilmente possiamo aspettarci da una verdura, una mucca, un neonato, o (lasciatecelo dire come opinione personale aperta a smentite), anche da un monaco tibetano che in tutta la sua vita ha sentito solo gli “ohm” del suo monastero. Di sicuro molto suggestivi, ma indubbiamente distinti e soprattutto distanti dalla dodecafonia.

MOMENTI

Quando duemila persone in un teatro ritmano con le mani una canzone. In battere.

Quando a un concerto di musica contemporanea termina il brano e il pubblico è preso dal panico prima di applaudire perché non si sa mai se la musica è finita davvero.

Quando a teatro gli attori (amici, di solito) sono cani e uno vorrebbe stare al cinema dove non ci si deve preoccupare di quello che succede perché è tutto sulla pellicola, mentre lì, invece, stai sempre sulle spine.

Quando a un concerto di classica lo spettatore sprovveduto applaude alla fine del primo movimento, e tutti lo fulminano con aria di “non si fa!”.

Quando durante un sottovoce dell’attrice suona un cellulare, che naturalmente non ha un drindrin normale. No, fa la Cucaracha.

Quando in un concerto all’aperto si alza il vento, i fogli di musica cominciano a volare via, e tutti si affannano a bloccarli con mollette da bucato bruttissime. Come mai nessuno ha pensato di fare delle mollette da sera, nere, magari di strass?

PORTATORI DI TALENTO

Per anni (quelli della nostra innocenza) siamo stati convinti che il talento fosse necessariamente in dotazione a esseri angelici, intelligenti, belli, colti, sensibili.

Poi abbiamo capito che non è sempre vero. Questo raro dono divino dovrebbe diventare, appena si manifesta, un bene da salvare, ed essere preso in gestione da una responsabile commissione di esperti, anche per non lasciarlo nelle mani del suo portatore, che spesso è uno squilibrato (quanti matti!) e ancora più spesso è uno sciocco.

Il terreno è un deserto: poca intelligenza, niente cultura, sensibilità zero, nobiltà d’animo sottozero, eppure, il miracolo. Dalla pietraia nasce questo fiore sorprendente.

Caravaggio, assassino. Gesualdo da Venosa, uxoricida. Puccini, ingravidatore di cameriera in seguito suicida. Wagner, sfruttatore di mecenati e megalomane. Rock stars, rappers, non parliamone. Droghe, alcolismo, prostituzione, violenza. Egoismo al massimo. Rispetto al minimo.

Questi sono casi estremi. Ma anche se rimaniamo nel quotidiano, quale deluso stupore ci provoca ascoltare le sciocchezze o le volgarità dette da un violinista che solo pochi istanti prima con il suo suonare ci aveva riempito le orecchie di miele. O come è vertiginoso precipitare dalla crudele fascinazione scenica di un Riccardo Terzo che appena si toglie il trucco diventa un attore piagnucoloso per la pensione inadeguata. Perfino il nostro superseduttore Califano, recentemente finito in miseria, ha scritto canzoni delicatissime. Eppure, avete sentito come parla di sé e delle donne?

La prudenza e l’esperienza insegnano: apprezziamo l’opera, ma evitiamo con la più gran cura di cercarne l’autore. Novantanove per cento è una delusione.

L’archivio del Cavalier Serpente, o meglio la covata di tutte le sue uova avvelenate, sta al caldo nel suo blog. Per andare a visitarlo basta un click su questo link: http://blog.libero.it/torossi