Questa “Tv elettorale” spiazza i telespettatori

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Questa “Tv elettorale” spiazza i telespettatori

11 Marzo 2008

Come
sopravviveremo da qui al 13 e 14 aprile? Difficile da immaginare, senza
spegnere la TV, dimenticando tout court la
disperante sequenza di tribune, interviste, conferenze stampa e confronti tutti
contro tutti che ci aspetta.

L’alternativa è rassegnarsi ad assistere impotenti
alla trasformazione della RAI in una lotta continua: non solo tra i candidati
premier e gli altri esponenti di spicco dei vari partiti che si presentano allo
scontro; ma anche, forse soprattutto, tra gli stessi politici e i giornalisti,
esasperati dalla complicazione dei vincoli che presidieranno la seconda fase
della campagna elettorale televisiva.

Del
resto, come dare loro torto? Scorrendo i due regolamenti varati dalla
Commissione di Vigilanza della RAI e all’AGCOM (http://www.agcom.it/par_condicio/index.htm#2008_pol),
sembra di leggere le grida di manzoniana memoria: tanto per la minuziosità dei
provvedimenti, quanto per l’acerrima difficoltà di farli rispettare
(memorabili, tra l’altro, le indicazioni per le tribune RAI, per le quali è
previsto “un numero di partecipanti compreso tra 3 e 6, e di norma, se
possibile, fra 4”: no comment).

Nelle condizioni che regolamentano forme, modi
e tempi del dibattito televisivo, rigidità e complicazione vanno di pari passo:
i testi articolano nel dettaglio le possibilità, per i politici, di comparire
sul piccolo schermo fino a chiusura della campagna, senza lasciare nulla al caso
– o alla libertà di espressione. Le emittenti pubbliche e private dovranno
armarsi di pazienza e trasmettere ogni settimana alle autorità calendari
dettagliati, argomenti ed elenco degli ospiti di tutte le trasmissioni di
approfondimento. Scongiurate le interviste in prime time, ci toccheranno comunque le conferenze stampa, sempre
scrupolosamente temporizzate. L’oceanico faccia a faccia tra tutti i candidati
premier, alla fine, si svolgerà: si tratterà di una trasmissione da programmare
negli ultimi 10 giorni prima del voto, di 90 minuti di durata (inutile
chiedersi come contenere in uno spazio simile le intemperanze di undici
politici undici). Inutile dire che tutti gli spazi di comunicazione politica
dovranno essere più che mai dosati con il bilancino, pena gli strali di chi
sarà deputato a controllare la ripartizione (su base settimanale).

Ce
n’è abbastanza per terrorizzare gli intervistatori, già variamente tacciati di
aver penalizzato questo o quell’altro leader (salvo puntuale smentita
proveniente dai dati, che rivelano come proprio chi protesta sia tra i più
seguiti dalle telecamere).

E così, avviene che nel bel mezzo delle tavole
rotonde i cronisti siano costretti a difendersi con paradossali orazioni pro
domo propria: com’è stato domenica per il malcapitato conduttore del confronto
tra Bersani, Maroni, Giordano e Tabacci su Rai Uno.

Non bastavano, insomma, le
improbabili performance che hanno chiuso la fiction elettorale della scorsa
settimana – come quella di Casini: il quale, abbandonando lo studio di Otto e
Mezzo, aveva forse in mente di replicare la memorabile lezione impartita da
Berlusconi alla Annunziata  (senza
peraltro riuscire a sortire neppure l’effetto di un Boselli qualsiasi, visto
che la trasmissione era ormai terminata).

Da oggi in avanti, a chi si azzarderà
a informare i telespettatori sulle prossime elezioni politiche potrebbe toccare
la medesima pena prevista dall’Illustrissimo ed Eccellentissimo signor don
Carlo d’Aragon, Principe di Castelvetrano, Duca di Terranova etc.etc.: “essere
posto alla corda et al tormento, per processo informativo… et ancorché non
confessi delitto alcuno, tuttavia sia mandato alla galea, per detto triennio,
per la sola opinione e nome”: non di bravo, s’intende, ma di giornalista.