Questione di merito, non di quote: la sinistra e quell’ipocrisia sulle donne
03 Dicembre 2020
L’altra sera vi confesso di essere tornata a casa delusa dopo l’ultimo consiglio comunale, non per l’andamento (scontato) del voto, bensì per una frase, terribile, espressa dal sindaco verso la fine del consiglio.
Si discuteva delle nomine (molto border line) di ex politici pesaresi a dirigenti di società partecipate del Comune, e il sindaco ha ben pensato di fare un riferimento alla composizione femminile della giunta regionale, lamentandosi per la presenza di un’unica donna.
Lì per lì ero talmente stanca (erano le 22.30 ed eravamo collegati dalle 15) che non ho nemmeno ribattuto. Poi però, come politico e come donna quell’accenno mi ha martellato tutta la notte. Sono sempre stata una femminista convinta, sì convinta del fatto che una donna dovrebbe poter accedere alle stesse opportunità degli uomini non perché donna, ma per le sue capacità.
Voglio credere che anche il sindaco di Pesaro abbia scelto tutte le donne che ha nominato in questi anni nei più alti ruoli politici della città, per le loro competenze e non perché in gonnella. È forse utopia sperare che la politica piuttosto che lamentarsi per delle fantomatiche quote rosa non garantite, si adoperi con vigore per riuscire a garantire la pari opportunità ad un uomo e ad una donna di raggiungere gli stessi obiettivi, siano essi politici, manageriali, amministrativi, sportivi…?
Da donna credo che sarebbe davvero grandioso se anche in Italia riuscissimo nel grande obiettivo di esultare per il successo politico di una donna, in quanto politico e non in quanto donna. Dovrebbe essere questa la nuova frontiera del femminismo: batterci per le nostre competenze e per le nostre capacità.
Forse ci si poteva meravigliare negli anni 80 quando Margaret Thatcher divenne Primo Ministro britannico – comunque designata non perché donna ma per le sue incredibili doti politiche -, ma oggi no, non dovremmo, anzi non vorremmo, più meravigliarci se una donna diventasse primo ministro, anche in Italia.
E se questo non è ancora accaduto non è certo colpa delle donne ma di alcuni politici, uomini, che preferiscono lamentarsi per la nomina di un’unica donna in giunta piuttosto che battersi seriamente e concretamente per permettere alle donne di poter raggiungere i loro stessi obiettivi.
Chissà, probabilmente sanno che li metteremmo in ombra. Garantire alle donne la possibilità di raggiungere gli stessi obiettivi degli uomini, permettere loro di eccellere in tutti i campi in cui lo vogliono fare, di conciliare la vita familiare con quella lavorativa e, perché no, con la passione politica: questa dovrebbe diventare la priorità del movimento femminista italiano!
Vogliamo una classe politica capace, una classe politica che abbia studiato, che abbia contenuti, idee, progetti e che ascolti e si adoperi per la nazione che rappresenta.
Se poi è a maggioranza femminile, tanto meglio. Quello che è certo è che non ci servono uomini che si lamentano perché ci manca la rappresentanza, ci servono uomini che ci permettano di essere rappresentate al meglio (perché no, anche da sole!).
PS: il sindaco in questione è lo stesso che nel maggio scorso mi definì “Piccola donna” durante una seduta pubblica del consiglio comunale.