“Quindici giorni per tracciare il percorso delle Riforme”

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“Quindici giorni per tracciare il percorso delle Riforme”

“Quindici giorni per tracciare il percorso delle Riforme”

05 Maggio 2013

«Quindici giorni per fissare obiettivi e tempi per le riforme da realizzare. Un vero e proprio scadenzario, che consenta ai cittadini di verificare passo dopo passo il percorso compiuto e quello da compiere. Troppo se n’è parlato, troppo poco è stato fatto in questi anni. E’ giunto il tempo in cui ognuno si assumerà le proprie responsabilità, a cominciare da chi opporrà veti e ostacoli». Gaetano Quagliariello, senatore Pdl, docente di storia, considerato una «colomba» dello schieramento berlusconiano, indossa da una settimana i panni scomodi del ministro per le Riforme. Ha fatto parte del team dei «saggi» di Napolitano. Adesso quel lavoro consegnato al capo dello Stato dovrà costituire il «punto di riferimento», spiega, del suo lavoro e un po’ di tutto il governo.

E’ consapevole di ricoprire l’incarico più delicato e difficile, assieme a quello del suo collega Saccomanni all’Economia?

«Il mio sarà una sorta di ministero alla coesione politica. Le riforme sono il collante di questa strana maggioranza, sono consapevole delle difficoltà ma anche che siamo al punto di non ritorno: bisogna farle, queste benedette riforme, e con il massimo coinvolgimento possibile».

In un anno e mezzo, dice il premier. Sarà sufficiente?

«In diciotto mesi si può fare tanto. L’importante è che ora si parta, ma sul serio».

Che Impulso vuole e può dare il governo sulle riforme?

«Ci sono riforme regolamentari, quelle che si possono fare attraverso leggi ordinarie e infine le riforme costituzionali. L’esecutivo si deve fare concavo e convesso. Indicare per ogni specifica riforma l’iter e al contempo dare spazio e voce a tutti i soggetti legittimati. E dunque alla politica e al Parlamento. E’ quello che farà».

La rlforma della legge elettorale deve essere la priorità, sostengono alcuni. Sarà così?

«La legge elettorale va cambiata, ma se abbiamo l’ambizione di riformare le istituzioni i due temi devono essere connessi. Separarli per anticipare la riforma elettorale significherebbe non credere che questo governo possa avere respiro».

Nascerà la Convenzione, sorta di assemblea costituente. Che perimetro di competenze avrà?

«La convenzione dev’essere uno strumento, non il fine. Dovremo individuarne l’ampiezza e la composizione, le materie e i tempi. Sono queste le cose di cui si dorrebbe discutere non di altro. E’ del futuro che dovremmo occuparci, non di sterili polemiche».

A proposito dl composizione, secondo lei dovranno farne parte esterni o parlamentari?

«Premesso che sono in un momento preliminare, di studio. Dico però che il professor Rodotà, sul vostro giornale, oltre a esprimere posizioni politiche legittime che legittimamente non condivido, pone anche problemi di natura costituzionale che meritano una risposta. Mi è parso che dubitasse che soggetti non eletti possano partecipare a un processo di riforma costituzionale».

E lei come la pensa?

«Penso che la Convenzione dovrà comunque garantire la centralità del Parlamento pur assicurando alle riforme uno spazio più protetto rispetto alle tempeste della quotidianità. Lo sto studiando per individuare la soluzione migliore. Altri invece utilizzano l’argomento solo allo scopo di rinfocolare polemiche che vanno avanti da vent’anni».

II fatto è che Berlusconi divide ancora, sostiene qualche suo collega di governo targato Pd. E la sua rivendicazione della presidenza della Convenzione non aiuta.

«Credo che porre veti sia sbagliato. Soprattutto da parte di chi ha già ottenuto la presidenza della Camera, del Senato, del Consiglio. Credo che oggi, soprattutto chi fa parte dell’esecutivo, dovrebbe evitare di partecipare a tornei che abbiano come oggetto i nomi di questo o quello. Così si fa l’interesse di chi vuole che l’esecutivo non parta o che rimanga soffocato dal residuo del tempo della demonizzazione».

Tante polemiche,veti, insofferenze trasversali. Ha la sensazione dl far parte di un governo balneare? O piuttosto di lunga prospettiva? E lunga quanto?

«Il futuro è sempre aperto. La durata va conquistata ogni giorno. Vale anche per questo governo. Il mio ruolo mi impone di puntare su tempi medio-lunghi perché solo in quei tempi si realizzeranno le riforme di cui il Paese ha bisogno. Spero ne abbiano tutti la forza e il coraggio».

(Tratto da La Repubblica)