Ragazzi, unitevi contro i “Black Bloc”

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Ragazzi, unitevi contro i “Black Bloc”

15 Dicembre 2010

Martedì scorso Roma è stata tormentata dal residuo più ottuso di quello che un tempo (nobile) fu il movimento studentesco: il “blocco nero”, che tira da morire calarsi il passamontagna, spaccare macchine bruciare semafori e armarsi di bulloni in un empito luddista tipico di una società svalvolata come la nostra. Sappiamo che il conflitto sociale passava e passa anche attraverso forme di contrapposizione violenta fra “rossi” e “neri”, attorno a parole d’ordine e slogan cari alle ideologie del secolo scorso, ma questo genere di manifestazioni ormai sono solo uno sbiadito ricordo.

Addio “servizio d’ordine” che si disponeva preventivamente ai lati del corteo per impedire a infiltrati e facinorosi di fare i comodi loro. Addio “ala creativa” che invece delle spranghe e del manganello sognava un po’ di cazzeggio indiano e metropolitano. Addio al “movimento delle ragazze” dell’85 – con le giovanissime a reggere gli striscioni in testa ai cortei e a negoziare con la Digos – e tanti saluti ai tetti occupati di questi giorni. Allo scontro ideologico, legittimo, anche duro (è un diritto protestare contro la riforma Gelmini, ma è un dovere accettare che altri studenti la pensino diversamente), si è sostituita la violenza pura, da Arancia Meccanica, che ha nello “sbirro” inteso come braccio repressivo del “Palazzo” il suo primo (e unico) avversario. Esattamente come succede allo stadio con gli ultras.

Rispunta la “teppa dell’antistato”, descritta ieri sul Foglio dall’Elefantino. Un miliziano del blocco nero lancia sampietrini grossi quanto un pugno sulla testuggine della Polizia, due agenti, senza farsi notare, lo accerchiano, lo placcano, lo manganellano, tra i flash assatanati dei fotografi (ma quanti fotografi c’erano ieri l’altro a Roma? Uno per manifestante?), il tutto risucchiato nel vortice mediale e virtuale che stempera e controlla la realtà, determinandola.

Ci siamo dilungati più del necessario nella descrizione dell’accaduto perché vorremmo lanciare un appello ai giovani, agli studenti che manifestano, e a quelli che altrettanto consapevolmente non lo fanno: unitevi nel rigettare la violenza, non per un facile unanimismo e senza cedere di un millimetro rispetto alle proprie appartenenze, ma per denunciare compatti la marmaglia squadrista, troglodita e violenta che ha strappato Piazza del Popolo al popolo, cioè alla cittadinanza, a quella gente che pagherà di tasca sua o con qualche altro balzello i danni sofferti dalla Capitale.

Ci rivolgiamo a tutti coloro che rifiutano, per esperienza o ingegno, di essere omologati e dipinti come una generazione sorda al cambiamento, isolata e guerrescamente nichilista. Ci piace quel collettivo “book-block” che ha preso in giro, da sinistra, chi di sinistra dice di essere ma ignora cosa sia. E se qualcuno fra tutti quelli che leggono questo giornale e spesso ci insultano o criticano pesantemente, per una volta volesse accettare un invito alla calma, sappia che è benvenuto. Ma per favore, con delle proposte.