Ransmayr e Kiefer, come ricostruire dei buoni rapporti fra arte e letteratura

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Ransmayr e Kiefer, come ricostruire dei buoni rapporti fra arte e letteratura

27 Febbraio 2010

La storia della creatività umana è ricca di proficui incontri tra scrittori ed artisti, tra poeti e pittori, tra narratori e scultori: curiosi osservatori gli uni, attenti lettori gli altri. Tra i più recenti, quello avvenuto tra il 2000 e il 2001 tra lo scrittore austriaco Christoph Ransmayr e l’artista tedesco Anselm Kiefer, a Barjac, nel sud della Francia, dove quest’ultimo risiede. Su quale terreno e con quali esiti sia avvenuto lo “scambio”, per il lettore italiano è ora possibile apprezzarlo grazie a questo libretto contenente due testi dell’austriaco (Christoph Ransmayr, Radiosa fine. Il non nato, trad. di Giovanni Giri, Introduzione di Anna Li Vigni, Liberilibri, Macerata 2009, p. 77, € 15,00).

Ransmayr (Wels, 1954), residente ormai dal 1994 a West Cork, in Irlanda, è da tempo noto al lettore italiano grazie a Feltrinelli (che ne ha pubblicato i romanzi Il mondo estremo, Gli orrori dei ghiacci e delle tenebre, Il morbo Kitaharaha, fino al più recente La montagna volante). Il pittore e scultore Kiefer (Donauschingen, 1945), che è anche disegnatore di scenografie e costumi, è considerato uno dei più grandi tedeschi viventi. Allievo di Joseph Beuys, è stato a lungo accusato di filo-nazismo per essersi fatto fotografare nel saluto hitleriano in luoghi di particolare significato storico e mitologico per la Germania: in realtà Kiefer è uno dei pochi artisti che nel dopoguerra abbia avuto il coraggio di affrontare la più recente storia del popolo tedesco con il preciso intento di distruggerne i tabù. 

Dopo aver percorso strade a lungo parallele che hanno preso le mosse dalle tragedie del XX secolo, Ransmayr e Kiefer si sono incontrati nella comune, fatalistica accettazione del caso quale governatore del destino umano e dell’intero universo. Il pessimismo di Ransmayr non ammette appelli ed appigli, non è radicale, piuttosto vuole essere radicale, distruttivo (ed in ciò è davvero allievo degno di Thomas Bernhard). Il progetto di “liberazione” pensato da Ransmayr in Radiosa fine, cioè la dissoluzione dell’identità individuale attraverso la disidratazione a Tanezrouft, “il deserto dei deserti”, è una prodigiosa testimonianza di fede nell’esistenza dell’io poetico. Un io che è tanto poco ironico, come invece vorrebbe far credere di essere Ransmayr, che pensa di poter trascinare nella catastrofe l’intero cosmo: “Io sono il tracollo della termoregolazione, io sono la rovina che tutto inghiotte. Mi concentro in tutto e mi riduco”.

Così come Kiefer, l’austriaco nutre una speciale ossessione per il cielo e le costellazioni. L’artista nutre una fede speciale nel mito cosmico cabalistico di Isaac Lurja, gnostico ebreo del XVI secolo. La pioggia di cenere che Kiefer ha immaginato cadere sulla terra nel suo dipinto Questa oscura luce che cade dalle stelle non è altro che metafora del male che, secondo Lurja, ha iniziato a pervadere il pianeta degli uomini dopo una sorta di big bang, cui lui dà il nome di Tsim Tsum. L’oscurità notturna in cui Ransmayr e Kiefer s’incontrano, evocata in Il non nato, finisce con l’essere il “brodo primordiale”, il “cuore di quella catastrofe mitica durante la quale si rappresero i vasi della luce divina”, ora imprigionata nei “frantumi della sciagura”.

La sciagura che in Kiefer ha il peso e il colore del “piombo ovunque” delle sue opere. In realtà il viaggio immaginario negli spazi infiniti per l’artista tedesco non è altro che ricerca di quella “meravigliosa pura possibilità” che sono i “non nati”, cioè “tutto ciò che attende di essere creato”, come riconosce lo stesso Ransmayr. A differenza di quanto vorrebbe intravedere la Li Vigni nell’introduzione a questo libro, storicizzando (“E’ ora di guardare oltre. Non verso un oltre escatologico. Ma verso un oltre cosmico che ridimensioni la Storia e i suoi delitti”), è lo stesso scrittore austriaco a cogliere nelle opere del tedesco una “rivelazione”, dunque il manifestarsi di un “altro”, diverso dall’io poetico, dal cosmo visibile: “E’ laggiù, in un buio in cui ogni raggio di luce, ogni scintilla appare come una rivelazione, che ora Kiefer vuole condurci”.