Razionalizzare le partecipate pubbliche per tagliare il cuneo fiscale

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Razionalizzare le partecipate pubbliche per tagliare il cuneo fiscale

Razionalizzare le partecipate pubbliche per tagliare il cuneo fiscale

20 Novembre 2022

“La misura del cuneo fiscale non è attualmente finanziata per il 2023,” ha detto il ministro Giorgetti. “Volontà del governo è non solo finanziarla e quindi rinnovarla per il prossimo anno, ma anche aumentarla per i redditi più bassi dei lavoratori”. Una dichiarazione importante quella di Giorgetti. Il taglio del cuneo fiscale serve a colmare quella voragine che si crea in busta paga tra retribuzione lorda e netta e che sfavorisce imprese e lavoro.

Intervenire sul costo del lavoro è importante perché può spingere le aziende ad assumere, oltre a gonfiare la busta paga dei dipendenti. Sono provvedimenti che vanno verso un aumento della produttività. E dunque della crescita economica del nostro Paese. Per farlo, il governo pensa di utilizzare le risorse che dovrebbero arrivare dalla riforma del reddito di cittadinanza. Solo che un taglio del cuneo fiscale del 3%, la cifra che circola, costerebbe circa 6 miliardi di euro.

Mentre limare le unghie al reddito di cittadinanza ne porterebbe molti meno. Uno o due miliardi di risparmi sui 9 miliardi che spendiamo annualmente per la legge bandiera dei 5 Stelle. Come fare a recuperare altre risorse per abbattere il costo del lavoro nei prossimi anni? La strada maestra, per questo come per altri provvedimenti, resta tagliare la spesa pubblica inefficiente.

Complessivamente, ogni anno facciamo 1.028 miliardi di spesa pubblica. Dove si può intervenire per recuperare risorse? In Italia ci sono circa 9mila aziende partecipate dallo stato e dagli enti locali. Circa 3mila di queste società a partecipazione pubblica, secondo Confindustria, sono in perdita. 1.200 sono sottodimensionate, cioè hanno un numero di membri in Cda maggiore dei loro dipendenti.

Molte altre hanno bassi valori di produzione, soprattutto quelle concentrate nel Centrosud. Dunque perché lo Stato non si libera delle aziende in rosso? Recuperare anche una piccola percentuale sulla spesa pubblica complessiva permetterebbe di finanziare il taglio del cuneo. Probabilmente anche altre misure annunciate in campagna elettorale dal Centrodestra. Le cose però vanno diversamente. Il Tesoro continua a mantenere il controllo di aziende pubbliche che perdono soldi.

I processi di privatizzazione vanno avanti al rallentatore. Certo non è facile, lo Stato non deve svendere il suo patrimonio. Ma continuare a staccare assegni consistenti, anche centinaia di milioni, a chi non produce utili ma perdite, non è una buona idea. Razionalizzare la spesa nelle partecipate, quelle che fanno capo alle amministrazioni centrali, alle amministrazioni locali, agli enti nazionali pubblici di previdenza e assistenza, dovrebbe essere una priorità.

Si può intervenire nel settore dei trasporti, si pensi al trasporto aereo o al Tpl. Si può andare a fare una revisione di spesa nella informatica, nei servizi amministrativi, nelle multiutility, nel turismo. Quante risorse saremmo in grado di recuperare? Insomma, se riformare il reddito non basta per abbattere il costo del lavoro, trovare altre risorse non è impossibile. Serve la volontà di farlo.