Referendum: ancora sul titolo-truffa. Quagliariello: “Cassazione persevera nell’errore”
06 Ottobre 2016
di Redazione
“Nei confronti del giudice della Cassazione dottor Aniello Nappi non ho alcun pregiudizio che non sia positivo, ricordando le sue battaglie di indipendenza e libertà intellettuale in seno al Csm. Tuttavia dissento radicalmente dalle argomentazioni con cui sul Corriere della Sera rivendica la decisione dell’Ufficio centrale della Suprema Corte in merito al quesito referendario,” lo dice oggi il senatore Gaetano Quagliariello (Idea), tornando sulla questione che ieri ha animato il dibattito politico sulla campagna referendaria, e di cui abbiamo dato notizia qui.
“Uno: non è vero che per cambiare il quesito si sarebbe dovuto modificare il titolo della legge e che titolo e quesito debbano essere identici”, spiega Quagliariello. “Non a caso, la normativa impone rigidissimi criteri per la formulazione dei quesiti per i referendum costituzionali e lascia invece totale libertà sui titoli delle leggi costituzionali. Se i due testi avessero dovuto necessariamente coincidere, l’ordinamento avrebbe disciplinato anche la titolazione delle leggi”.
“Due: non è assolutamente vero che per le leggi di rango costituzionale e per le leggi di revisione costituzionale i criteri di formulazione del quesito referendario coincidano. L’articolo 16 della legge 352/1970 è chiarissimo: per le leggi costituzionali il quesito riguarda l’argomento della norma oggetto di referendum, mentre per le leggi di revisione costituzionale deve riguardare l’argomento degli articoli della Carta soggetti a modifiche e indicare gli articoli stessi”. Il contenuto della riforma, insomma, deve restare estraneo al quesito”.
“Tre: evocare i precedenti del 2001 e del 2006 è del tutto fuorviante, dal momento che sia nel 2001 che nel 2006 le riforme sottoposte a referendum avevano come titolo il solo riferimento alla parte della Costituzione soggetta a riforma. Insomma, per dirla in termini processuali, quello dei precedenti è un argomento che ‘prova troppo’: dimostra che nel 2001 e nel 2006 i legislatori si adeguarono preventivamente alla legge che disciplina i quesiti referendari attribuendo alle riforme titoli compatibili, mentre in questo caso il governo ha preteso che fossero le leggi a piegarsi alle esigenze della propaganda. E purtroppo, grazie all’errore della Cassazione – conclude Quagliariello -, ha raggiunto il suo scopo”.