Referendum: No al titolo truffa

LOCCIDENTALE_800x1600
LOCCIDENTALE_800x1600
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

Referendum: No al titolo truffa

06 Ottobre 2016

Ricorderete lo spottone di Renzi che si presenta in tv con il testo del quesito referendario, comparsata utile solo ad alimentare la propaganda del fronte per il Sì sui tagli ai costi della politica, che in realtà, visto il pasticcio costituzionale in atto, quei costi rischia solo di alimentarli, e non di poco. Già allora, davanti a chi polemizzava sulla scorrettezza del quesito, i renziani rispondevano ricordando che ad agosto la Corte di Cassazione aveva dichiarato il testo conforme alla legge, e oggi, dopo che M5S e Sinistra italiana hanno annunciato ricorso al Tar pungolando sul caso il presidente Mattarella, voci di corridoio dal Quirinale avrebbero ricordato anch’esse il giudizio dell’alta corte. I media, invece, che sul referendum ormai si bevono tutto, si sono esaltati per la stringatezza del quesito, ma che quesito semplice, che quesito all’inglese, che quesito scritto in stile non burocratico. Un gran ciarlare che non coglie il centro della questione. 

Il fronte del NO, infatti, che non ci sta a farsi prendere in giro da Renzi e company, è passato al contrattacco. Dice Gaetano Quagliariello, animatore dei comitati civici del No che serve: “E’ certamente vero che il quesito del referendum costituzionale è stato stabilito dall’ufficio centrale della Corte di Cassazione, ma è altrettanto vero che ciò è avvenuto in barba alle prescrizioni normative, e segnatamente in violazione dell’articolo 16 della legge numero 352 del 1970 che detta autoritativamente la formula alla quale il quesito stesso deve attenersi. Ciò, con ogni evidenza, non è accaduto”. Quagliariello si rivolge quindi al presidente Mattarella, “raffinato giurista”, al quale “non sfuggirà infatti che la norma distingue chiaramente tra leggi costituzionali e leggi di revisione costituzionale. E se nel caso delle prime il quesito può richiamare l’argomento della legge oggetto di referendum, quando si tratta di riforme che intervengono sul testo stesso della Carta il quesito deve obbligatoriamente indicare non l’oggetto della riforma ma gli articoli della Costituzione soggetti a modifica e il loro ambito di disciplina”. 

“Insomma,” prosegue Quagliariello, “il quesito deve riguardare l’oggetto delle norme costituzionali sottoposte a variazione e non il contenuto della legge che li modifica. La prescrizione normativa è chiarissima e in nulla rileva il fatto che le richieste di referendum, nel riferirsi alla riforma Renzi-Boschi, indicassero per adempiere alle formalità il titolo con il quale essa è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale. Se la Cassazione fosse chiamata a svolgere un mero ruolo di passacarte, copiando e incollando il contenuto delle richieste di referendum che a loro volta ricalcano il titolo stampato in Gazzetta, non ci sarebbe bisogno di un articolo di legge che indichi alla Suprema Corte i criteri in base ai quali il quesito deve essere redatto”. 

“Né vale il richiamo ai precedenti del 2001 e del 2006, dal momento che – a differenza di quanto accaduto con la riforma Renzi-Boschi – in quei casi le leggi di revisione costituzionale erano caratterizzate dal cosiddetto ‘titolo muto’, che si limitava appunto a indicare il perimetro formale dell’intervento di riforma senza esplicitare l’argomento della riforma stessa”.“La violazione della norma è evidente,” conclude Quagliariello, “la gravità delle sue conseguenze lo è ancor di più, soprattutto alla luce del titolo chiaramente propagandistico attribuito alla legge di riforma sottoposta a referendum”. Il senatore quindi annuncia di una un’interpellanza urgente al ministro della Giustizia “affinché, appena avrà finito di occuparsi del Grande Fratello Vip, possa interessarsi anche di questo grave vulnus democratico e adoperarsi perché vi venga posto rimedio”.

Temendo di venire sbugiardato sulle sue intemerate comparsate televisive, il presidente del consiglio reagisce, e da Treviso, dov’è impegnato in una convention della campagna per il Sì, commenta: “Sapete chi ha deciso il quesito sulla scheda per il referendum? La legge italiana. Non lo dite a quelli del comitato del NO, potrebbero restarci male”. Insomma, Renzi continua a ripetere la solita solfa. Il quesito lo ha deciso la legge. Questione chiusa? Neppure per idea. “Prima di trincerarsi dietro la legge italiana, il presidente del Consiglio la legge dovrebbe almeno leggerla e se possibile capirla”, ribatte Quagliariello. “Se lo facesse, scoprirebbe che sul quesito referendario le cose non stanno come dice lui e si risparmierebbe certe affermazioni. Comprendiamo che chiedergli un po’ più di precisione e un po’ meno improvvisazione appare una pretesa eccessiva, ma si tratta di qualità di cui una persona che ha responsabilità di governo non dovrebbe fare a meno”. 

Morale della favola: Renzi e renziani si sono avvitati sul quesito referendario. A quanto pare non è vero che il testo lo ha “deciso la legge”, in realtà se lo sono cucinati loro a dovere pensando di fare i furbi in campagna elettorale, pensando di farla franca. Hanno mentito per l’ennesima volta, prendendo in giro non solo i parlamentari e i giornalisti ma soprattutto gli italiani e gli elettori. E la Cassazione? Se dando il suo benestare al titolo-spot del quesito, vista la sua terzietà, non ha peccato di compiacenza, forse di leggerezza sì.