Referendum No Grazie, Meloni Toti e Maroni contro Renzi
24 Luglio 2016
Il fronte del No al referendum sulla riforma costituzionale si rafforza nel centrodestra, con il meeting organizzato da “No grazie” ad Arezzo, presenti la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni, i governatori della Liguria e della Lombardia, Giovanni Toti e Roberto Maroni, e il leader di Conservatori e Riformisti, Raffaele Fitto. Comitato per il No al referendum ma anche momento di riflessione per ridare slancio e unità al centrodestra; un evento, quello di Arezzo che ha riunito molti sindaci e amministratori locali.
Gli amministratori locali “sono i più penalizzati da una riforma che poteva fare grandi cose e si accontenta di cose microbe e ridicole”, dice Meloni, che non si arrende certo all’idea di una Italia spartita tra Matteo Renzi e Movimento 5 Stelle, e rivendica le idee del suo schieramento, capaci di imporsi quando a rappresentarle sono “persone credibili, con compattezza e coerenza”. “I comitati del No possono essere una grande occasione non solo per sventare riforme inutili, non solo per costruire un amalgama dei nostri partiti,” ragiona Toti, “ma anche per costruire una proposta politica alternativa a Renzi che abbia le gambe per camminare”.
Per “No Grazie” opporsi al referendum renziano non vuol dire che il Paese non abbia bisogno di riforme, per cui occorre ripartire da “Presidenzialismo, abolizione del Senato, maggior potere ai sindaci, un tetto alle tasse, la possibilità per il popolo di votare sui trattati internazionali e quindi sull’Europa”, dice Meloni, che chiede di superare definitivamente la fase del Patto del Nazareno.
“La priorità è mandare a casa questo governo. E’ importante spiegare agli italiani la truffa di una riforma costituzionale pessima, pasticciata per dirla alla Benigni. Solo che noi siamo più coerenti dei Benigni di turno e arriviamo alle ovvie conclusioni: se la riforma fa schifo votiamo no”, ha detto ad Arezzo Matteo Salvini, collegandosi via Facebook con la manifestazione. La riforma costituzionale di Renzi “Ci lascerebbe schiavi di quello che è il sistema più infame da cui dobbiamo liberarci. Una volta vinto il no il centrodestra dovrà ragionare su questo: chi ci sta impoverendo con vincoli, leggi, direttive, monete sbagliate? L’Unione europea”.
Dunque, da luglio a settembre bisogna “battere casa per casa, via per via, spiegando che quella di Renzi, Boschi e Verdini è una bufala”. “Mandiamo a casa – ha insistito – il terzo presidente del Consiglio non eletto da nessuno, mi auguro che tutti i sostenitori del no arrivino alle ovvie conseguenze: mandare a case Renzi e chiedere un’elezione democratica il prima possibile”.
“Il discrimine per chi vuole costruire un’alternativa seria di governo è questo, se qualcuno sta con il ‘no’ e poi vuole tenere in sella Renzi una volta che il ‘no’ vince, tanto vale che faccia campagna per il ‘sì'”, la posizione di Meloni, che si richiama quindi a quella assunta da Stefano Parisi, candidatosi nei giorni scorsi come federatore del centrodestra. “Il Senato lo dovevi abolire, ma non la democrazia”, ha detto ancora Meloni a proposito della riforma Boschi. “Non si capisce che poteri avrà , ma una cosa è chiara, cioè che questo Senato non lo eleggeranno i cittadini italiani”, ha aggiunto riferendosi all’assemblea di Palazzo Madama.