Referendum, si fa con i ballottaggi. Ma l’extra spesa è inventata
17 Aprile 2009
Alla fine ha vinto la Lega di Umberto Bossi e il referendum si celebrerà il prossimo 21 giugno a meno che, come chiesto dal vertice del Pdl a Silvio Berlusconi, non slitti ancora di un anno (anche Massimo D’Alema sarebbe favorevole). Nell’uno come nell’altro caso la scelta del governo diventerà un costo per le case dello stato superiore a quello che si sarebbe avuto con l’accorpamento alle elezioni europee e al primo turno delle amministrative.
Ma la stima circolata e sventolata da più uomini politici e da autorevoli commentatori di tutti i fronti, quella di una tassa Bossi oscillante fra i 300 e i 400 milioni di euro, è del tutto inventata. Comprende variabili di pura fantasia. La vera spesa si aggira sui 100 milioni di euro…
Devo chiedere scusa ai lettori di "Italia Oggi" perchè ieri anche io, fidandomi di tutte le dichiarazioni coincidenti, ho riportato nel mio articolo sul terremoto quella stima dei 400 milioni, che certamente sarebbero potuti essere degni di migliore causa. Sono poi andato a controllare e capito da cosa nasceva: da uno studio del febbraio scorso degli economisti della Voce.info.
L’ho letto, mi sono preso tutte le relazioni tecniche sulle spese elettorali delle ultime politiche e delle consultazioni referendarie, e mi sono convinto una volta in più che degli economisti bisogna sempre e prima di tutto diffidare. In quei 400 milioni calcolati da loro ci sono circa 200 milioni di euro di quelli che vengono chiamati “costi indiretti”. Che sono? Semplice: 127 milioni di euro sarebbe il costo della passeggiata che ogni elettore dovrà fare per recarsi ai seggi due volte invece di una.
Come viene calcolato? Gli economisti sostengono che andare al seggio due volte significa sprecare mezz’ora in media di più per ogni italiano. Il tempo è denaro, e quella mezz’ora vale 3,15 euro, cioè la metà del salario medio orario di un italiano calcolato dall’Istat (6,3 euro). Moltiplicata quella somma per tutti gli italiani che hanno votato alle ultime politiche si giunge proprio ai 127 milioni.
Ora è chiaro a tutti come questa sia puro esercizio della fantasia: il tempo sarà denaro, ma non lo spendono le casse dello Stato. Poi alle europee di solito vota molto meno che alle politiche, e quindi perfino il calcolo di fantasia è fatto un po’ a spanne. Quella mezz’ora in più per altro potrebbe essere un fastidio, una noia (ma non è un obbligo votare) per qualcuno, ma un costo – fosse anche privato – proprio no. Domenica scorsa c’erano elezioni? No? E avete messo in tasca 3,15 euro di più dell’ultima domenica in cui siete andati a votare? E’ evidente come quei 127 milioni non siano un costo in più per nessuno e non siano un risparmio in caso di accorpamento per alcuno.
Ma non è l’unica perla degli economisti. Perché altri 37 milioni di euro di costi indiretti deriverebbero dai costi sostenuti dalle famiglie. Come? Perché con i seggi occupati molte scuole sarebbero chiuse il lunedì, sostengono gli economisti. E allora? Allora “sono più di tre milioni le famiglie che hanno almeno un figlio nele scuole pubbliche elementari o medie. Di queste il 33 per cento non ha nonni a casa ed entrambi i genitori sono occupati, e quindi con ogni probabilità dovranno fare ricorso a un aiuto esterno per la cura dei figli. Il costo medio di una prestazione di 4 ore nei servizi alla famiglia secondo i dati Istat è di 35 euro lordi; dunque i costi sostenuti dalle famiglie nell’affidamento dei figli in un giorno di chiusura delle scuole possono essere stimati in circa 37 milioni di euro”. Che bravi questi economisti! Naturalmente anche qui non si tratterebbe di costo pubblico, ma privato.
Ma permettete una domanda: quante scuole fanno lezione il 22 di giugno? A nessuno è venuto in mente che ogni anno a quella data l’anno scolastico è già terminato? E che quindi i figli sono casa? Invece, accorpando al 7 giugno il referendum gli scrutatori dovranno lavorare sicuramente oltre al lunedì anche il martedì. E il 9 giugno probabilmente quei 37 milioni diventerebbero un costo indiretto in più. Che grazie a Bossi si risparmierebbero. Altri 37 milioni di euro vengono calcolati sula mancata produttività di presidenti di seggio e scrutatori che avendo quell’impegno sono esentati dal lavoro. Anche questa cifra, del tutto virtuale, non è vera. Perché accorpando loro lavorerebbero più giorni consecutivi. Bossi costa di più, è vero. In tutto circa 100 milioni di euro. Ma tutti ci siamo bevuti i 400 calcolati da fantasiosi economisti…