Regeni, Cambridge e il fallimento delle Primavere arabe
26 Gennaio 2017
di Daniela Coli
ll video di Giulio Regeni che parla con il capo del sindacato degli ambulanti egiziani Abdallah arriva in Italia in concomitanza con Le Bureau, la serie francese trasmessa dal 2015 in Francia e Regno Unito, dove si vede come opera in Medio Oriente l’intelligence francese. Guardando la serie, chiunque può capire come si ‘costruisce’ un agente sotto copertura, come e perché debba risultare credibile: si manda una sismologa in Iran, ad esempio, oppure per sei anni si tiene un professore francese a Damasco a preparare la cultura utile a rovesciare Assad. Non si sa chi abbia ucciso Regeni, ma anche dal video trasmesso dalla tv egiziane e arrivato in Italia si intuisce che i contatti e le informazioni che il giovane italiano cercava potevano far pensare che fosse qualcosa di più di un semplice ricercatore.
Regeni dice a Mohamed che avrebbe fatto domanda per un finanziamento a un istituto britannico, forse la “Antipode Foundation” e che potevano arrivare all’Egyptian Center circa 10mila sterline inglesi, cifra enorme per l’Egitto, con cui si potrebbe acquistare un appartamento moderno di 200 metri quadri, per dare l’idea. Regeni spiega che era necessario un progetto, una struttura, e che non poteva essere affidata a un singolo. Regeni non ha alcun sospetto di stare parlando con un probabile agente del controspionaggio egiziano, o almeno di un informatore importante. L’Egyptian center di cui si parla nel video è l’Egyptian Center for economic and social rights, fondato nel 2009 da varie Ong, ed è stato una base logistica, finanziaria e propagandista della cosiddetta Rivoluzione di piazza Tahrir. L’omicidio Regeni andrebbe quindi inserito nel clima delle Primavere arabe che hanno sconvolto il Medio Oriente e non bisogna fingere di non sapere che nei Paesi del mondo arabo ci sono certo i foreign fighters islamisti ma anche agenti sotto copertura occidentali.
Eric Hobsbawm, che diede il nome di Arab spring alle “Twitter Revolution” di Obama e Hillary, teorizzava che dopo la fine dell’Urss le rivoluzioni potevano farsi solo nei paesi arabi e africani. Hobsbawm era un marxista e anche per Marx, com’è noto, gli stati nazionali dovevano essere distrutti. Wikileaks ha documentato che tra i grandi finanziatori della primavere arabe c’era Soros, il finanziatore di Hillary Clinton, l’uomo che distrusse la lira e la sterlina. Insomma, le Ong sono a loro volta diventate l’internazionale della rivoluzione dopo la fine del comunismo in Europa. I sostenitori delle primavere arabe, come ha più volte sottolineato Patrick Cockburn, il più stimato corrispondente dal Medio Oriente per giornali britannici, miravano, come Marx, a distruggere gli stati nazionali in Europa con la globalizzazione (si veda il Marx illuminista e globalizzatore rilevato recentemente da Luciano Pellicani su Il Foglio), e in Medio Oriente ed Africa attraverso colpi di stato e rivoluzioni dalla Libia alla Siria.
Regeni parlava bene l’arabo, aveva già lavorato in Egitto per un programma di sviluppo economico ministeriale, sapeva chi finanziava le rivoluzioni arabe. Il supervisor della London University di Regeni, Gilbert Achcar, replicando alle accuse di giornalisti italiani che il ricercatore di Fiumicello sarebbe stato mandato allo sbaraglio al Cairo, in una lettera a “Open Democracy” del 29 febbraio 2016, pubblicata lo stesso giorno da “Il Sole 24 Ore”, dichiarò di conoscere vari studenti e studiosi che facevano le stesse ricerche sui movimenti sindacali egiziani e non avevano subito aggressioni. Ma soprattutto, le referenti di Regeni a Cambridge erano simpatizzanti dei Fratelli Musulmani e oppositori di Al Sisi. “Regeni era uno studente che svolgeva un lavoro assegnato da una università inglese. Ma a Londra chi ha assegnato la ricerca a Regeni in Egitto è una professoressa, Abdelrahman, di origine egiziana e vicina alla Fratellanza musulmana, ostile all’attuale governo”, ha detto il generale Mario Mori, ex capo dei Ros dei Carabinieri, durante una intervista trasmessa da La Zanzara su Radio 24. “La professoressa voleva scandagliare la situazione egiziana, ma sono metodi dei servizi segreti inglesi che fanno svolgere certe attività a imprenditori e altre persone. Lui era inconsapevole, ma chi lo ha mandato lo ha mandato nella bocca del leone, la professoressa non poteva non saperlo”. “E’ stato venduto – aggiunge Mori – ed è stato fatto ritrovare per una lotta di fazioni all’interno del governo egiziano”.
Regeni faceva parte – in qualche modo, in qualche misura – di un network che si proponeva di rovesciare il regime egiziano come quello siriano? Un network su posizioni simili a quelle della linea Obama-Clinton (una linea sostenuta in Italia dal governo Renzi e da Gentiloni ministro degli esteri)?. Questa linea politica, oggi, in ogni caso ha perso. E’ una visione che è riuscita a fare espellere l’Occidente euro-americano dal Medio Oriente e il nuovo presidente americano, Donald Trump, non ha alcuna voglia di ricacciarsi nel caos mediorientale. All’epoca dell’omicidio di Giulio Regeni, il nostro giornale aveva fatto delle ipotesi sulla morte del ragazzo di Fiumicello, e avevamo scritto delle due referenti di Cambridge: adesso qualcuno, nel governo italiano – che sul caso Regeni ha rotto le relazioni diplomatiche con l’Egitto ritirando il proprio ambasciatore – può spiegarci esattamente di cosa si sta parlando, guardando il video di cui si discute? Giulio Regeni è sicuramente una vittima ma bisogna capire di chi e di cosa, di quali intrighi. E forse sarebbe il caso di guardarsi qualche puntata di Le Bureau.