Regeni preso dai servizi? Gentiloni: Italia pretende verità. Mobilitazione a Cambridge

LOCCIDENTALE_800x1600
LOCCIDENTALE_800x1600
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

Regeni preso dai servizi? Gentiloni: Italia pretende verità. Mobilitazione a Cambridge

22 Aprile 2016

Torna la tesi su Giulio Regeni fermato dalla polizia egiziana il 25 gennaio scorso, polizia che lo avrebbe consegnato alle forze della sicurezza del Cairo, prima che il giovane ricercatore italiano sparisse, e fosse poi ritrovato morto con evidenti segni di tortura sul corpo. “Al di là delle valutazioni su queste notizie, che non spetta al governo fare,” il commento del ministro degli esteri italiano Paolo Gentiloni, “è chiaro che ci confermano nella nostra posizione che abbiamo assunto in modo molto chiaro in queste settimane” cioè “pretendere la verità” sul caso Regeni. “Se qualcuno pensa che il trascorrere del tempo farà modificare la posizione del governo italiano,” ha aggiunto Gentiloni, “se pensa che con il trascorrere del tempo rinunceremo a chiedere e a pretendere la verità sull’omicidio di Giulio Regeni, si sbaglia”.

La pista diffusa era già stata avanzata nel febbraio scorso dal quotidiano americano New York Times, ieri è stata rilanciata dalla agenzia di stampa britannica Reuters. Reuters aggiunge la notizia che Regeni sarebbe stato ‘passato’ dalla polizia ai servizi egiziani proprio la sera del 25. Ieri era anche stata diffusa la notizia sulla denuncia fatta dalla figlia del capo della presunta banda di rapinatori che avrebbero ucciso Regeni: la donna ha detto che la polizia avrebbe piazzato ad hoc gli effetti personali di Giulio nella casa dei suoi familiari per incastrare il padre e il fratello. La donna è stata intervistata dalla americana CNN.

Ma è scontro tra le strutture della forza egiziane: sempre ieri il ministero dell’Interno del Cairo ha smentito la notizia sulla polizia che avrebbe consegnato Regeni ai servizi segreti, che a loro volta lo avrebbero portato nel complesso dell’Al-Amn al-Watani, la sicurezza interna egiziana. Fin dal febbraio scorso, le fonti ufficiali egiziane e il ministro dell’interno Ghaffar hanno sempre smentito la pista dei servizi. L’Egitto cerca comunque di ricucire lo strappo che si è aperto con l’Italia.

Nei giorni scorsi una delegazione del Cairo è stata a Strasburgo, per informare l’europarlamento sul caso Regeni e sulla situazione dei diritti umani al Cairo. Un’altra delegazione dovrebbe essere in Italia a maggio per fare un punto con gli inquirenti del nostro paese, dopo il fallimento dell’incontro avvenuto nelle settimane scorse, che aveva portato al rientro a Roma per consultazioni dell’ambasciatore italiano Maurizio Massari.

Fonti del ministero dell’interno  fanno sapere che “la polizia non ha arrestato Regeni né l’ha detenuto in alcun posto di polizia e tutto quello che viene ripetuto a questo proposito sono solo voci che mirano a nuocere agli apparati di sicurezza in Egitto e a indebolire le istituzioni dello Stato”. Secondo il quotidiano Youm7 l’ambasciatore Salah Adel Sadeq, che dirige l’ufficio stampa delle istituzioni egiziane “ha stabilito contatti con il responsabile dell’Ufficio dell’agenzia Reuters al Cairo per conoscere le fonti che l’agenzia ha citato e la veridicità delle notizie pubblicate”. Salah ha fatto sapere che “non c’è tolleranza per i media che pubblicano notizie sbagliate”.

La diffusione della notizia da parte della Reuters viene dopo l’appello lanciato dalle università inglesi e ripreso dal governo britannico per fare chiarezza sulla morte di Regeni. Va ricordato che la prima denuncia sulla scomparsa di Giulio arrivò proprio dall’università di Cambridge. E’ prevista per oggi una mobilitazione, sempre a Cambride, organizzata da Amnesty International e Egypt Solidarity Initiative, con amici e colleghi del ricercatore italiano che continuano a fare pressioni sul governo ingleso. “Giulio era uno studente di una delle più note università britanniche, sarebbe solo giusto che il governo britannico alzasse il tono della sua richiesta di verità e giustizia in questo caso”, fanno sapere da Amnesty.

Amnesty ricorda che la petizione in Gran Bretagna per chiedere la verità sulla morte del ricercatore italiano ha superato la soglia delle 10mila firme, il che obbliga il governo di Londra a rispondere. L’esecutivo di David Cameron ha chiesta “una indagine piena e trasparente” sulla morte di Regeni ma non ha ancora risposto alla petizione, secondo Amnesty. Dunque mentre l’Egitto cerca di ricucire lo strappo con Roma, i media e le fonti accademiche inglesi continuano a fare pressioni sulla vicenda, è il caso dello scoop di ieri della Reuters, smentito dalle autorità del Cairo.