Renzi a Catania, fischiato dalla piazza e dai suoi
12 Settembre 2016
Il volto coperto da sciarpe, caschi neri e i fumogeni accesi. È stato il segnale dell’attacco. Preceduto dal lancio di una bottiglia di birra e dall’esplosione assordante di una bomba carta. Decine di giovani si sono lanciati contro il cordone delle forze dell’ordine piazzato alla fine di via Umberto davanti alla Villa Bellini di Catania, dove il premier Matteo Renzi aveva tenuto l’intervento di chiusura della Festa nazionale dell’Unità. Il suono delle sirene è riecheggiato in tutta la zona, mentre cariche della polizia erano in corso, con il lancio di lacrimogeni.
Il tema era ‘Cacciamo Renzi‘, che campeggiava sullo striscione che apriva il corteo. Che ha percorso un chilometro di via Umberto, dopo il concentramento in piazza Iolanda, tra gli sguardi incuriositi di passanti e abitanti. Il loro obiettivo era attirare l’attenzione e mettere al centro del dibattito l’opposizione al governo Renzi. Tutto oscurato dallo scontro con le forze dell’ordine, contestato da quasi tutti i partecipanti al corteo.
In una nota diffusa dagli organizzatori del corteo, tra le motivazioni della protesta si legge “una riforma voluta dai poteri forti, come Goldman Sachs e JP Morgan, gli stessi che hanno provocato la crisi economica; una riforma truffa, sia nel metodo sia nel merito. Renzi pensa di poter venire a Catania e raccontarci una storia diversa dalla realtà, di poter parlare ai suoi yes man”.
Quindi il volantino prosegue: “Ora basta! Decidiamo NOi. Decidono le siciliane e i siciliani costretti ad emigrare per trovare un lavoro; decidono gli studenti senza borsa di studio ed alcuna possibilità di un futuro migliore dei genitori; decidono i volti dietro ai numeri sulle disuguaglianze e la dispersione scolastica, decide la generazione più povera dalla Golden Age; decidono i lavoratori precari costretti a causa della riforma Renzi a sperare in un lavoro gratis per aumentare il proprio curriculum; decide chi i territori li vive contro Grandi Opere, Muos, trivellazioni e devastazioni ambientali”.
“Noi siamo pronti a discutere di legge elettorale. C’è bisogno che gli altri facciano le loro proposte, noi faremo le nostre”. È l’unico passaggio, quasi en passant, che Matteo Renzi dedica all’Italicum nel suo comizio di chiusura alla Festa dell’Unità. In una Catania blindata e percorsa da cortei dei centri decisi a tentare l’assalto al premier, e che vengono bloccati dalla polizia in tenuta anti-sommossa, tra cariche delle forze dell’ordine e lanci di molotov dei manifestanti.
E Renzi in questo clima di tensione non ha osato nemmeno agguantarsi la benevolenza della minoranza Pd, che reclamava un “impegno concreto” del premier a cambiare la legge elettorale. Anzi, Renzi manda un avvertimento chiaro alla fronda interna: “Non ci faremo trascinare nella guerra del fango al nostro interno da chi pensa che sia opportuno litigare tra di noi, dimenticando che fuori di qui non ci sono le magnifiche sorti progressive della sinistra, ma la destra e i populismi“.