Renzi da Obama, sognando Hillary. Ma l’Italia è diventata una Cenerentola

LOCCIDENTALE_800x1600
LOCCIDENTALE_800x1600
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

Renzi da Obama, sognando Hillary. Ma l’Italia è diventata una Cenerentola

Renzi da Obama, sognando Hillary. Ma l’Italia è diventata una Cenerentola

18 Ottobre 2016

Oggi Renzi, “il Justin Trudeau italiano”, come l’ha etichettato il Washington Post*, sarà all’ultima cena di Obama e avrà probabilmente i primi contatti con Hillary Clinton, considerata da molti la nuova inquilina della Casa Bianca.

Nel luglio 2003, quando Bush jr incontrò Berlusconi nel ranch texano, Vittorio Zucconi scrisse su Repubblica che era l’incontro tra due debolezze. Oggi va peggio, perché Renzi, come scrive il Financial Times, è l’unico alleato rimasto agli Stati Uniti in Europa dopo la Brexit e le tensioni tra Angela Merkel e Obama sullo spionaggio della americana NSA ai danni dei tedeschi.

Renzi, il premier del paese più debole dell’eurozona insieme alla Grecia, è un alleato chiave per Obama. Sostenitore dell’immigrazione e del melting pot in Europa, tra i pochissimi ad appoggiare il TTIP, Renzi guarda alla cena alla Casa Bianca e alla foto-opportunity con Hillary come un assist al referendum di dicembre in cui il premier si gioca la carriera politica.

Al di là del quadretto ottimistico dei nostri media, non si capisce però quali reali vantaggi possa trarre l’Italia, con un enorme debito, crescita zero, disoccupazione, immigrazione incontrollata, dalla relazione speciale con gli Stati Uniti. L’euro è appena stato definito un castello di carta da Otmar Issing, il “padre fondatore” della politica monetaria della BCE, che scommette sul crollo della moneta unica su cui tanto hanno puntato proprio gli Stati Uniti. Juncker ha invitato a smettere di sognare gli Stati Uniti d’Europa, perché gli europei non li vogliono.

Sul Corriere del 16 ottobre Francesco, Giavazzi ha ricordato che dopo il referendum italiano, tedeschi e francesi saranno presi dalle elezioni nazionali e di tutto si parlerà tranne che di Ue, insomma nel 2019 l’Ue come la conosciamo oggi potrebbe essere svaporata. Va aggiunto che molti economisti, come Hans-Werner Sinn, intervistato da Die Welt, ritengono disperata la nostra situazione  e l’euro, come riporta anche Il Foglio, una moneta potenzialmente distruttiva per la nostra economia.

L’alleato americano non può aiutarci neppure in Libia: il governo al Sarraj a Tripoli, sostenuto dall’Onu, ha subito un tentativo di golpe venerdì scorso, e, nonostante sia il golpe sia fallito, la posizione di Sarraj è estremamente debole. Fin dall’arrivo a Tripoli, Sarraj vive in una base navale, al momento del golpe era in Tunisia, al ritorno sono stati sparati vari colpi contro la sua base, ma soprattutto il primo ministro ‘libico’ non è stato legittimato dal generale Haftar di Tobruk, l’uomo forte della Cirenaica, sostenuto da Francia ed Egitto. Per ironia della sorte, il golpe contro Al Sarraj  è stato tentato da forze politiche vicine ai Fratelli Musulmani (sostenuti da britannici e/o americani), ovvero dall’ala libica dei Fratelli Musulmani egiziani.

Visto che il nostro governo dopo l’uccisione di Giulio Regeni ha praticamente rotto le relazioni diplomatiche con l’Egitto (nonostante sia stato poi inviato un nuovo ambasciatore al Cairo), non si può proprio dire che l’alleato chiave di Obama e forse della Clinton in Europa, cioè Renzi, sia una volpe. L’Egitto è diventato il beniamino della Francia, che gli ha venduto due navi Mistral. Al Sisi è anche avvantaggiato dal ritorno dell’amicizia con la Russia, tanto che parteciperà alla conferenza sulla Siria, se mai si terrà. 

Dopo avere perso la sua influenza in Libia per volontà di Hillary Clinton, che, almeno a quanto sappiamo, spinse Obama ad acconsentire all’intervento contro Gheddafi caldeggiato da Sarkozy, non si sa se per l’Italia rimarrà qualche briciolo degli interessi nazionali che aveva nella ex “Jamaria”. Così come è finito a somma zero il bottino della guerra in Iraq, per cui sono state spese somme non indifferenti dallo Stato. Purtroppo, sia che il prossimo presidente degli Stati Uniti sia Trump o Hillary, per l’Italia non cambierà granché, visto che, come nel caso dell’intervento in Libia contro Gheddafi, l’Italia non è un paese forte come Francia e Regno Unito, due potenze nucleari, ancora influenti nelle ex colonie, e a cui ci si guarda bene dal fare uno sgarbo.

L’Italia è diventata una Cenerentola, soltanto una pedina nella scacchiera internazionale. La debolezza della Penisola e l’assenza di una qualsiasi politica estera autonoma riservano a nostro Belpaese soltanto il ruolo di vassallo di questa o quella potenza. Per questo, in un momento di disintegrazione del Medio Oriente, ma anche dell’Unione europea, dove ogni Stato Ue gioca per i propri interessi in politica estera, c’è da sperare solo nel nostro famoso Stellone. Pensando al referendum.

*Justin Trudeau è il premier laburista canadese