Renzi e Juncker, baci e abbracci. “Sui migranti l’Italia è un modello”
27 Febbraio 2016
di redazione
Il presidente della Commissione Europea Jean-Claude Juncker è stato a Palazzo Chigi per l’incontro con il presidente del Consiglio Matteo Renzi. Al centro del colloquio i principali nodi dell’Unione Europea, dalla crescita all’immigrazione alla trattativa sulla flessibilità chiesta dall’Italia.
La giornata è iniziata con l’incontro di questa mattina tra Juncker e Giorgio Napolitano che ha riferito: “È stato estremamente amichevole, e ha consentito di puntualizzare insieme il quadro delle sfide che l’Unione Europea, e in particolare la Commissione presieduta da Juncker, sta in questo momento fronteggiando".
Subito dopo il presidente della Commissione Europea ha incontrato il premier. Renzi è entrato subito nel vivo esordendo: "Noi italiani crediamo nell’Europa, pensiamo che abbia un’anima non solo dei numeri. L’Europa anche sociale, non solo politica: questo è il sogno che condividiamo. La Commissione europea deve sapere che l’Italia va a testa alta senza venir mai meno agli impegni, ma farà di tutto perché l’Europa torni ad essere il luogo delle anime. Noi prima di essere consumatori siamo cittadini. Questo governo crede nel rispetto delle regole ma allo stesso tempo sappiamo che c’e’ un problema in Europa: la mancanza di una prospettiva per molti cittadini, oltre 500 milioni di persone, quella sullo sviluppo".
Jean Claude Juncker dal canto suo non esita a dare atto all’Italia della “condotta esemplare” nella gestione dei migranti. Sottolinea, infatti, l’ "ampia identità di vedute" sulla questione migratoria e che in fin dei conti "non si dice abbastanza spesso che l’Italia in questo ambito e sin dall’inizio, dal 2011, ha tenuto una condotta esemplare che potrebbe servire da modello ai Paesi che avanzano, per essere educati, con un passo esitante". E rincara: "Se tutti i Paesi europei avessero adottato il comportamento dell’Italia, i problemi oggi sarebbero meno gravi". Per poi assicurare: "io non mollo, non cedo, vorrei che le decisioni in materia di ricollocazione fossero effettivamente applicate".
E il riferimento alle linee guida che altri membri dell’Unione sarebbero prossimi ad attuare si fa più esplicito un istante dopo: “Le barriere tra Paesi per arginare il flusso di migranti non risolvono alcun problema, al contrario aumentano quelli di altri Paesi dell’Ue, in particolare verso sud e nei Balcani". Scandendo, poi: "Vorrei che il buonsenso ritrovasse il posto che gli spetta in Europa, vorrei che l’Europa ritrovasse la strada della solidarietà come è sempre stata praticata dall’Italia fin dall’inizio della storia europea, dal dopoguerra".
Se la questione dei migranti resta una priorità, quella della flessibilità economica vorrebbe essere invece al centro della politica economica del governo. Renzi ha voluto sottolineare come le richieste siano sempre in linea con le regole europee: "Noi condividiamo la linea della commissione sulla flessibilità, vorrei fosse scolpito sulla pietra. La commissione Juncker ha parlato di flessibilità nel documento del 13 gennaio 2015, noi lo condividiamo, siamo sempre per maggiore flessibilità ma va bene: hic manebimus optime. Nel frattempo è partito anche il Piano Juncker per gli investimenti. Una leva eccezionale" anche se "come è normale nella dialettica, abbiamo avuto elementi di visione diversa sulle banche e sulle polemiche per gli aiuti di stato".
Nel corso della conferenza stampa, Juncker, dopo l’incontro a palazzo Chigi, si abbandona persino ad un endorsement: "Contrariamente ad altri a me piace molto Bruxelles, ma mi sento meglio a Roma. Perché per gli altri europei e per i lussemburghesi come me, l’Italia tutta e non solo Roma non è fatta di luoghi neutri. Ma di luoghi che ci fertilizzano, ci alimentano, ci offrono ispirazioni nobili e ambizioni, che ci portano lontano".
Anche la Boldrini ha commentato l’incontro tra Renzi e Juncker con questo tipo di considerazioni: «Rischiamo di avere lavoratori di serie A e di serie B, cosa che oggi non è. Oggi un cittadino italiano che va a lavorare in Germania ha gli stessi diritti dei cittadini tedeschi, il tedesco che va a lavorare in Spagna ha gli stessi diritti dei lavoratori spagnoli. Con queste modalità che sono state negoziate per alcuni anni cittadini di un Paese che andranno a lavorare in un altro Paese europeo non avranno gli stessi diritti, se ci sono determinate circostanze e quindi se la Commissione darà il via ad applicare queste norme che sono state discusse. Questo è preoccupante, perché erode i diritti dei lavoratori che invece dovrebbero usufruire degli stessi diritti in tutte le circostanze. Si poteva negoziare su tanti punti, non credo che l’Europa oggi abbia bisogno di diritti a velocità diverse, eventualmente ha bisogno di più garanzie per i lavoratori».