Renzi gioca con l’affluenza e si riprende il Pd
30 Aprile 2017
Renzi com’era ampiamente annunciato vince le primarie, anche se il popolo del Pd si dimezza nelle regioni rosse rispetto all’ultimo test interno al partito, e il dato dei votanti in generale cala. Renziani e sodali (Maurizio Martina, nuovo vicesegretario, ma anche Franceschini) salutano la “grande prova democratica” che “restituisce la leadership” a Renzi che dopo la sconfitta al referendum si era dimesso da segretario, carica che adesso si riprende da vincitore. Era questo, infatti, il gioco dell’ex premier per uscire dall’angolo, gioco che ha condotto con la solita abilità tattica e la solita spregiudicatezza.
L’organizzazione delle primarie è stato regolata come un rubinetto. Renzi ha puntato a una affluenza controllata, in una campagna elettorale gestita volutamente sottotono, compattando iscritti (il voto dei circoli), reti di potere locali e quella struttura del partito che a tutti i livelli non vuol perdere la poltrona. Tutti quelli che al renzismo non vogliono ancora rinunciare, nella consapevolezza che un’alternativa reale non c’è, e che comunque il giovane rottamatore di Rignano sull’Arno li ha portati già una volta al governo, forse il primo governo in cui il Pd ha fatto il bello e il cattivo tempo, dopo le “vittorie mutilate” o le sconfitte dei leader del passato recente. Le primarie sono state dunque gestite sottotono, senza tamburi e grancasse mediatiche, e con un solo confronto televisivo che ha attirato scarsi ascolti. Il partito, ormai già trasformato da PD a PDR (partito di Renzi), si è attivato per far votare i sicuri, con una mobilitazione selettiva, a bassa intensità pubblica.
Ma poi, a ridosso del voto e anche adesso con l’arrivo dei risultati dai gazebo, il piatto come al solito si rovescia, e quell’appuntamento volontariamente ridimensionato torna ad essere la “straordinaria” prova di democrazia interna, “la comunità fortissima che mi ha sorretto quando ho barcollato”, dice Renzi, senza dire neanche una parola sul fatto che quel rapporto con il popolo si è ristretto. Intanto Renzi festeggia attaccando Bruxelles e i populismi, contemporaneamente, come sempre in campagna elettorale. Il voto delle primarie, infatti, rende più dirompente il tentativo del leader di andare a elezioni velocemente, in ottobre: d’ora in avanti assisteremo a un rinnovato sforzo di dribblare i paletti posti da Mattarella e di andare al voto, prima della finanziaria, prima del fallimento di Alitalia, prima, insomma, che i risultati del governo Renzi siano giudicati per quello che sono stati, cioè un modesto (ma drammatico per il paese) bluff.