Renzi, gli F35 e l’idea che abbiamo della Difesa

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Renzi, gli F35 e l’idea che abbiamo della Difesa

17 Marzo 2014

Ripensare, ridurre, rivedere. Così il ministro della difesa, Roberta Pinotti, sulla vicenda degli F-35 Joint Strike Fighter, il programma di acquisto dei 90 cacciabombardieri a cui l’Italia ha aderito ormai molti anni fa. Pinotti attende l’indagine conoscitiva per una decisione finale ed ha annunciato anche un più vasto piano di razionalizzazione della spesa militare che dovrebbe portare tre miliardi di euro nelle casse dello Stato. Non e’ sbagliato esaminare a mente fredda un programma militare avanzato come quello degli F-35 che negli USA e’ esploso dal punto dei vista dei costi e presenta problemi tecnici in fase di sviluppo, proprio sul modello B destinato tra gli altri alla Italia. Ma teniamo allo stesso tempo presente che nel nostro Paese abbiamo già fatto cospicui investimenti, si pensi all’impianto di Cameri come pure alla portaerei Cavour costata 3 miliardi e mezzo di euro e che dovra’ ospitare i caccia a decollo verticale (non altri). Ricordiamoci infine che ogni nuovo sistema d’arma ha dei problemi in fase di sperimentazione. Perlomeno negli negli USA, gli F35 ormai sono un piano "too-big-to-fail" per cui è giusto andare avanti con i piedi di piombo. Il rischio e’ un altro, che con la scusa degli F35 si tagli in modo indiscriminato la spesa militare per trovare le coperture necessarie all’ambizioso piano economico del Governo Renzi. Tutto ciò in un contesto che vede da anni la spesa della Difesa italiana fortemente in affanno rispetto alla Francia e alla Gran Bretagna. Se aggiungiamo che la Nato tra il 2001 e il 2009 ha perso più di un milione e duecentomila unità e che gli Stati Uniti appaiono sempre meno interessati a fare i lord protettori della Europa "potenza civile", capiamo un po’ meglio perché in Ucraina sta succedendo l’irreparabile.