Renzi: governo tecnico se vince NO. Berlusconi: Legge elettorale e poi al voto
28 Novembre 2016
Assiso sulla poltroncina bianca di Domenica Live, Canale 5, Matteo Renzi parla con la padrona di casa, Barbara D’Urso, dice che se vince il No al referendum “c’è il rischio evidente di un governo tecnico“. Il premier evoca “inciuci” o un ritorno ai governi tecnici alla Monti (il professore ribatte: “Se perde, Renzi resta), subito dopo che sulla stessa poltroncina bianca a parlare era stato Silvio Berlusconi.
Renzi se la prende anche con la Consulta, rea di aver bocciato la riforma Madia della pubblica amministrazione. Il problema non è che la riforma era fatta male, ma che ” la gente non ne può più di un Paese bloccato: la Corte Costituzionale ci ha impedito di licenziare i furbetti del cartellino”. Addirittura. “L’occasione non ricapita: se vince il No vi guarderò con i pop corn discuterne per i prossimi 20 anni alla tv”, azzarda il premier.
“Un ministro – racconta Renzi – in Cdm mi ha chiesto: chi ce l’ha fatto fare, ha senso giocarci tutto sulle riforme? Sì – dice Renzi – il governo è nato per fare riforme attese da 35 anni”. 35 anni per accontentarsi del pasticcetto Boschi? Renzi assicura di non voler instillare “paura” negli elettori, ma poi dice che le ricadute ci sarebbero, e accusa una fantomatica “vecchia guardia” di voler “tornare al governo”. Pd compreso.
Infine l’annuncio, le “bugie” del No saranno smontate da un “kit antibufale”. Noi quello sulle bufale del Sì lo stiamo pubblicando da giorni. “Il 5 dicembre l’Italia tutta insieme dovrà andare avanti”, aggiunge Renzi, che deve essersi dimenticato com’è stata votata la riforma in parlamento, certo in modo non condiviso.
Dalla D’Urso, poco prima, l’ospite era stato Silvio Berlusconi, accolto in studio da esplosioni di applausi e dalla gente che grida “Silvio, Silvio”. “Vincerà il No poi faremo una legge elettorale proporzionale e andremo al voto”, la sfida lanciata dal Cavaliere. Per il leader di FI, Renzi si è fatto una riforma “su misura” una riforma “inaccettabile”, mentre non si cura dei “15 milioni di italiani che sono poveri”.
Berlusconi spiega ai suoi elettori che per fare “il bene della democrazia” devono votare No a un governo “non eletto” (“Io ho preso 200 milioni di voti, lui 112mila”). Nell’ultima domenica pre-elettorale un agguerrito corteo del No si snoda nel centro di Roma blindato, urla slogan contro il governo e fa bersaglio Bankitalia del lancio di uova.
Intanto il Financial Times scrive che con il No otto banche italiane sarebbero a rischio fallimento, tanto per dire i poteri forti. E fa discutere l’endorsement di Jean Claude Juncker al Si’: “Spero non vinca il No”, dice il presidente della commissione Ue, assicurando di non voler interferire.
Ma i sostenitori del No insorgono: “Votano Si’ JP Morgan, Goldman Sachs, le agenzie di rating, le consorterie europee e da oggi anche Juncker”, attacca Giorgia Meloni. “#IoDicoNo perche’ non voglio il Renzi solo al comando”, ribatte su Twitter Grillo. Mentre Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista provano a tranquillizzare gli elettori: “Se vince il No, non arrivano le cavallette”, ma “noi chiederemo il voto”.