Renzi, la Consip e i figli delle regioni rosse

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Renzi, la Consip e i figli delle regioni rosse

02 Marzo 2017

Nel vortice delle indagini sugli appalti Consip vengono risucchiati, con ruoli ancora tutti da chiarire anche il padre di Matteo Renzi, Tiziano, l’imprenditore suo amico Carlo Russo, il grande manovratore di maggioranze parlamentari e sostenitore del governo Renzi, Denis Verdini, oltre al fedelissimo dell’ex premier, Luca Lotti, ancora al suo posto con incarico di ministro della Repubblica. Tutti di stretta osservanza renziana, e i titoli dei giornali sul giglio magico diventato giglio nero si sprecano.

Stia tranquillo il ministro Alfano, che ieri ha detto “le indagini non avranno ricadute sul Governo”, questo giornale è sempre stato garantista e conosciamo bene l’articolo 27 della Costituzione, ci siamo sempre battuti per difendere la presunzione di innocenza: la magistratura faccia, rapidamente, il suo corso, e dimostri, con prove evidenti, le accuse che vengono rivolte ad arrestati e indagati. Ma una cosa è il corso della giustizia, altro il giudizio politico che va dato su questa come su altre vicende dell’ormai fu Governo Renzi

A leggere i fatti, ancora da confermare, a leggere delle cene tra papà Renzi, Romeo e Russo, in cui, secondo il commercialista ed esponente del Pd Mazzei si discuteva di “strategie” – quali, forse quelle per pilotare gli appalti Consip? – o della possibilità di far rilevare l’Unità, il quotidiano fondato da Antonio Gramsci, dal multimilionario Romeo (ora in carcere), resta solo una grande amarezza. Qualche anno fa una nuova generazione di quarantenni, un governo fatto di giovani politici ambiziosi e ansiosi di rovesciare la vecchia politica, a suon di Leopolde e inneggiando alla rottamazione, saliva al potere passando dalla Toscana rossa alla guida del nostro Paese, illudendo tanti, giovani soprattutto, che un cambiamento era possibile, che l’Italia non era fatta solo di rapporti opachi tra politica e affari, di favoritismi e interessi occulti.

Ma la nuova generazione aveva imparato dalle precedenti. E non ha “cambiato verso”, anzi, ha fatto peggio, con più sfacciataggine e arroganza. Prima si scopre che il papà della Boschi, l’altra fedelissima renziana, è nel club che ha mandato a gambe per aria Banca Etruria, con buona pace dei correntisti che hanno perso tutto. Poi che papà Lotti, anche lui nel comparto bancario, firma un mutuo a papà Renzi, poco prima che il figlio Luca divenga capo segreteria dell’allora sindaco di Firenze. E ora si scoprono le cene galeotte (è il caso di dirlo) di papà Renzi. 

Per cui va bene le garanzie, ma viene da chiedersi che razza di presa in giro sia stata questa rottamazione renziana, che razza di generazione è cresciuta all’ombra della provincia italiana, quella portata sul palmo della mano come esempio di governo delle regioni rosse; che dignità hanno quelli che dopo aver gettato fango sulla politica romana, sul palazzo, sulla casta, sui vecchi politici, che coraggio hanno ancora questi figli di papà, un gruppetto di giovani rampanti di provincia cresciuti nel recinto protetto di affari e interessi delle loro famiglie e delle regioni rosse, a restare al proprio posto in parlamento o sui banchi del governo. 

Etica, rispetto delle regole, valori, sono parole ormai fuori moda nel nostro Paese. Ma anche per loro, per i Renzi, le Boschi e i Lotti, i senior e i junior, forse si avvicina l’ora della rottamazione, perché è davvero il momento di cambiare verso.