Renzi, la “variabile imprevista” che potrebbe rimescolare le carte nel Pd
02 Novembre 2011
Un merito va senz’altro ascritto al ciclone Renzi: quello di aver movimentato le acque della sinistra. Basta guardare al moltiplicarsi delle metafore da parte di politici ed editorialisti, equamente divisi tra apocalittici e integrati, tra vasi di Pandora scoperchiati, celebrazioni del nuovo Big Bang dei rottamatori o stroncature dispensate ai nuovi asini che scalciano. Ma anche al nervosismo, a volte travestito da ironia fatta cadere dall’alto con un po’ di sufficienza, da parte di colonnelli e luogotenenti del Pd, impegnati in queste ore a scegliere le parole giuste per stroncare il ragazzo di bottega che vuole farsi re.
La domanda che tutti si pongono a Via del Nazareno è come controllare questa variabile imprevista, come imbrigliare “i giovani che scalciano per farsi strada”, come fermare “il liberista” per citare la definizione sprezzante di Nichi Vendola. Ma anche come prevenire l’effetto domino delle candidature e l’aggiungersi di nuove voci alla Torre di Babele del Pd. Se è vero che Pier Luigi Bersani si era accordato con Vendola per una corsa a due, per un confronto naturale e tradizionale tra la socialdemocrazia emiliana e l’ortodossia della sinistra populista, è altrettanto vero che ora le carte si rimescolano e Renzi potrebbe spalancare le porte ad altre e magari eterogenee candidature di provenienza democratica. Un cuneo che potrebbe scardinare l’edificio faticosamente costruito e far rientrare nella corsa anche Antonio Di Pietro, ponendo le basi per una competizione confusa e allargata. Il viatico migliore per una probabile sconfitta dell’attuale segretario del Pd.
Non è un caso che oggi, con la consueta sincerità, Giuseppe Fioroni, accenda i riflettori proprio su questo pericolo e in merito all’appello di Renzi per la scelta del candidato premier attraverso le primarie risponda invitando a considerare la ragion politica. “Non può prevalere la logica che dice: mi va bene qualunque alleanza pur di guidare io. Neanche uno statista come Romano Prodi è stato sufficiente per rendere credibile l’ Unione agli occhi degli italiani” dice l’ex ministro al Corriere. “Bisogna avere il coraggio di resistere alla tentazione del vecchio motto: "Parigi val bene una messa". Ci vuole prima il governo del presidente, poi un sistema di alleanze che partendo dal terzo polo si allarghi. E solo dopo, tutti insieme, sceglieremo il premier. Magari si potesse risolvere con l’ennesima conta il rischio del big bang del Paese”. La preoccupazione è palpabile, così come la convinzione che il segretario possa ricorrere a qualche meccanismo di eliminatoria interna pre-primarie per evitare la grande corsa alla candidatura nel Pd. L’idea è quella di fare in modo che siano gli organismi dirigenti di Via del Nazareno – che sia la Direzione o l’Assemblea Nazionale – a scegliere chi si dovrà presentare alle primarie.
Un voto dei dirigenti che difficilmente potrebbe non incoronare lo stesso Bersani come candidato ufficiale, alla luce delle scarse simpatie di cui gode Renzi nell’apparato. Non è ancora chiaro quale potrebbe essere la contromossa del sindaco di Firenze. E’ molto probabile che Renzi raccoglierà i frutti della kermesse della Leopolda in un libro che diventerà una sorta di suo manifesto per l’Italia, uno strumento per passare dalla protesta alla proposta. Un rito preparatorio o forse propiziatorio di una candidatura che potrebbe concretizzarsi se si creeranno le giuste condizioni. Una candidatura sulla quale sono immaginabili possibili convergenze con i Radicali che nel congresso di Chianciano hanno lanciato pubblici segnali di attenzione verso i rottamatori. In ogni caso a Firenze Renzi ha messo a segno un punto importante: indossare i panni dell’outsider in contrapposizione al Pd ufficiale, ricalcando in sostanza lo stesso schema che lo portò a vincere le primarie cittadine. Ora bisognerà vedere se riuscirà a resistere al fuoco non troppo amico che da giorni ha iniziato a piovergli addosso.