Renzi, l’Europa e il semestre italiano. Va bene l’ambizione ma con realismo

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Renzi, l’Europa e il semestre italiano. Va bene l’ambizione ma con realismo

27 Maggio 2014

Dopo la vittoria alle elezioni, il premier Matteo Renzi ha voluto sottolineare che l’Italia è in grado di "incidere in Europa" tanto più che sta per iniziare il semestre italiano. Intervistato da Bruno Vespa a Porta a Porta, Renzi ha detto che il "voto di speranza" in Italia è un messaggio a Bruxelles perché l’Europa cambi. Vista la batosta che hanno preso i partiti di governo in Francia piuttosto che in GB rispetto alle forze euroscettiche, il nostro Paese scegliendo per la responsabilità avrebbe diritto più di altri a chiedere un cambio di marcia: dalle politiche di rigore a quelle di crescita, lavoro, investimenti. Ed è con questo spirito che Renzi partecipa al consiglio informale dei Paesi Ue.

Il premier, che non è uno sprovveduto, ha spiegato che "si apre un percorso complicato, c’è da scegliere il presidente del Parlamento, il presidente del Consiglio europeo, il presidente della commissione Ue e il rappresentante della politica estera". "Ragionevolmente", per una di queste cariche c’è spazio per un italiano e Renzi fa bene a rivendicare un maggiore protagonismo del nostro Paese in Europa. Ma cerchiamo di capire più realisticamente davanti a che scenario siamo: a dispetto del risultato elettorale ottenuto dagli euroscettici queste forze non saranno in grado di dare vita a una alleanza coerente nel parlamento europeo. Condividono un punto di vista critico sulla Ue ma sono divise da rivalità personali e differenze ideologiche: dicono che quando Farage e Le Pen s’incontrano a Strasburgo neanche si salutano. Dunque saranno i partiti moderati a restare in sella ed è possibile che finisca con una "grande coalizione" tra Popolari e Socialisti.

Lo scenario è complicato dal fatto che i conservatori lavoreranno a un’agenda che rallenti l’integrazione europea mentre i socialisti cercheranno di rafforzarla spiegandoci che è la migliore risposta all’avanzata dei no-euro. Una situazione che finirà per rendere più difficile la coabitazione nelle "larghe intese", rallentando i processi decisionali. La nomina della nuova Commissione Europea avverrà in un clima del genere ed è probabile che si arrivi a costituirla solo nella seconda metà del 2014. Renzi ha ragione sul fatto che bisognerà tenere conto dell’Italia nella nomina del nuovo presidente della Commissione: sono i trattati europei a dire che nella scelta di questa figura occorre considerare i risultati ottenuti nei rispettivi parlamenti nazionali. Il successo elettorale però non l’ha ottenuto solo lui; a vincere è stata anche Frau Merkel, così da una parte avremo Berlino che spingerà per un presidente di commissione conservatore e dall’altra Roma e Parigi che cercheranno di nominarne uno socialista.

Morale: anche in questo caso dovremo aspettare, diciamo l’ultimo trimestre del 2014. Poi toccherà alla nomina del presidente del Consiglio europeo e al nuovo alto rappresentate per la politica estera della Ue. Dunque nuovi giri di negoziati. Insomma, i processi decisionali della Ue saranno paralizzati per lunghi mesi ed è rischioso affermare che prima della fine di quest’anno e durante il semestre europeo si riesca davvero a fare qualche riforma sostanziale della Ue. Sullo sfondo, infine, pesa il dato che ci offrono queste elezioni: un numero considerevole e crescente di elettori in Europa sono scontenti o disinteressati rispetto a ciò che accade a Bruxelles. Il voto ha indebolito l’Europa, non l’ha rafforzata.