Renzi non supera la prova delle Comunali
06 Giugno 2016
Se è vero, come ha scritto Politico, che le elezioni comunali costituivano uno stress test per Renzi, il dato chiaro alle tre di notte, quando i risultati cominciano a essere più solidi, è che il presidente del consiglio il test non lo ha superato.
La affluenza in calo, soprattutto nelle grandi città, testimonia una crescente disaffezione degli elettori, che la rottamazione renziana non ha frenato. Complice anche la scelta della data (il “ponte” vacanziero), gli italiani non hanno sentito così forte il richiamo alle urne, e non sono stati affascinati dalle promesse di rinnovamento.
Ma il problema non è soltanto che il nuovo Pd non tira: anche i candidati tradizionalmente forti scivolano verso il basso. Fassino a Torino, persino Merola a Bologna, vanno peggio del previsto, mentre a Roma la Raggi vola, staccando tutti gli altri.
E’ vero che Roma è una città martoriata, segnata da disastri amministrativi e scandali giudiziari di destra e di sinistra, come è vero che entrambi gli schieramenti sono apparsi disuniti; se la scelta tra Meloni e Marchini ha disorientato gli elettori di centrodestra, dall’altra parte la candidatura Giachetti ha coperto malamente la spaccatura che si è creata nel Pd sulla defenestrazione di Marino.
Ma il Pd ha amministrato la capitale per decenni, e ha consolidato un sistema di potere che non ci si aspettava potesse franare così di colpo. L’osservazione vale anche per la Valente a Napoli: De Magistris doveva essere al massimo una parentesi, in una città che Bassolino ha plasmato se se stesso e sul suo partito.
Giachetti, inoltre, è il più renziano dei renziani, e altrettanto si può dire della Valente. Sono dunque i candidati più vicini al premier a non aver convinto, mentre va meglio Sala, che è però figura politicamente fungibile, provenendo, come è noto, dallo staff della Moratti.
Già, Milano. Renzi ha puntato tutto (non molto: il suo tentativo è quello di scavalcare le amministrative e puntare sul referendum di ottobre) proprio su Milano e su Sala. Ma anche lì, la rimonta di Parisi è concreta, e lo scarto tra i due si assottiglia man mano che passano le ore. Si vedrà.
Quello che si può dire fin da ora è che, come lo stesso Renzi evidentemente prevedeva – ed è per questo che ha aperto fin da ora la campagna per il voto sulla riforma costituzionale – le comunali non confermano certo il plebiscito delle europee, e il ballottaggio tra due settimane rischia di dare risultati ancora peggiori.
Per un presidente del consiglio che non è uscito dalle urne, e non può farsi forte di una legittimazione elettorale, un risultato negativo è un problema serio. Per quanto si cerchi di ignorarlo, di farlo dimenticare, di parlare d’altro, questo voto peserà.
Anche spostare tutto, come Renzi sta facendo, sul voto di ottobre, comporta dei rischi. A questo punto sarà fondamentale, nel gioco delle alleanze per i ballottaggi, la posizione sulla riforma costituzionale: in una situazione così fluida, la scelta per il sì o il no al referendum potrà aggregare elettori e spostare flussi di votanti.
Insomma, il peso politico che il premier ha dato al referendum potrebbe essere speso già adesso, ritorcendosi contro di lui. A Milano, per esempio, se Parisi si esprimesse per il no, richiamerebbe probabilmente elettori del M5S. E così a Roma chi ha votato a destra (se, come pare secondo i dati attuali, al ballottaggio con la Raggi andasse Giachetti) convergerebbe sulla candidata pentastellata, contraria alla riforma renziana.