Renzi rottama D’Alema a Bruxelles ma rischia solo di ritrovarselo contro in Italia
28 Giugno 2017
Spaccare, dividere, lacerare: questo sembra il compito che Renzi sta portando a termine. Spaccare, prima di tutto, il partito di cui è segretario. Ma il raggio d’azione di Renzi va oltre, copre anche l’area dei socialisti europei, dove il Pd italiano ha un peso notevole, nella generale debolezza della sinistra, che sembra non trovare più una proposta in grado di convincere gli elettori dei diversi paesi.
Dunque il Rottamatore (mai soprannome fu più indicato) si dà da fare anche all’estero, e consuma le sue vendette: non gli basta aver prodotto la scissione bersaniana, aver riprodotto immediatamente un conflitto interno analogo con l’area di Orlando, aver aperto una polemica interna con Prodi e Franceschini, aver dimezzato gli elettori e gli iscritti del suo partito, aver perso, in queste ultime amministrative, città tradizionalmente di sinistra. Tutto questo è insufficiente, i “nemici” vanno inseguiti e perseguiti ovunque si annidino.
Ed è così che D’Alema, che per tutta la campagna referendaria aveva ripetuto di non voler tornare in politica, di avere a cuore il think tank a cui si è dedicato in questi anni, e di volersi occupare di cultura politica più che di politica attiva, si è visto sfilare il gioco dalle mani. E’ la Feps, cioè la Foundation for european progressive studies. D’Alema, a cui pure tutti riconoscono di aver svolto un buon lavoro, e di aver portato la fondazione a un livello assai superiore a quello precedente, è stato fatto fuori da un’intesa raggiunta con i socialisti europei, in primo luogo tedeschi e portoghesi (a cui è stata offerta la presidenza).
Vendetta, tremenda vendetta. Ma qual è il risultato dell’operazione? Come ormai accade regolarmente, Renzi è vittima dell’eterogenesi dei fini, e probabilmente l’esito di questo piccolo “intrigo internazionale” sarà semplicemente di riportare D’Alema alla politica attiva. In Italia, e contro Renzi.