Renzi stufo della democrazia parlamentare: ora basta, sulle unioni gay ci metto la fiducia

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Renzi stufo della democrazia parlamentare: ora basta, sulle unioni gay ci metto la fiducia

22 Febbraio 2016

“Ma se non hai i numeri che te ne importa di fare tutto assieme. Procedete un passo alla volta, prima le unioni civili, e poi arriveranno anche le adozioni.” Questo, come ha raccontato lo stesso Renzi ai suoi collaboratori, sarebbe stato il consiglio del premier del Lussemburgo, gay dichiarato e già convolato a nozze. Il nostro presidente del consiglio ha raccolto il suggerimento, e ha subito aggiornato la sua strategia: via la stepchild adoption, trasformata nell’adoption step by step, passo dopo passo.

 

Basta con tutto questo parlamentarismo, torniamo ai bei metodi spicci di un governo che non deve chiedere mai: si stralcia l’articolo 5, si fa qualche correzione (voluta da Mattarella) sul richiamo alla disciplina del matrimonio, e si mette la solita fiducia.

 

Il premier è sconvolto dagli ultimi eventi al Senato: ha appena scoperto che può esistere un’opposizione, nonostante lo “strano amore” di Verdini, nonostante i residui del vecchio patto del Nazareno, nonostante un’area centrista che scatta sull’attenti appena viene sollecitata. Non era abituato a tanta audacia. L’opposizione finora si era limitata a piccole scorribande, timide obiezioni, discorsi di facciata mentre si cercava una mediazione al ribasso; oppure si sono viste sceneggiate grilline con un buon effetto mediatico ma una scarsissima incidenza politica.

 

Questa volta il parlamento, strattonato da mille forzature, si è ripreso il giusto spazio, i grillini hanno fatto politica, la minoranza cattodem si è rivelata più resistente del previsto, l’opposizione ha svolto il proprio ruolo. E Renzi ha deciso che questa intollerabile “insurrezione” parlamentare va sedata con il metodo più brutale: il voto di fiducia, appunto. Può darsi che basti minacciarlo, oppure bisognerà ricorrervi davvero. Quello che è chiaro, è che il premier ha gettato la maschera, ha deciso che il governo deve riprendere in mano le cose e intervenire platealmente e duramente, smentendo se stesso. Fino a ieri, infatti, era stabilito che il governo si sarebbe rimesso all’aula sugli emendamenti evitando quindi di prendere posizione a favore o contro.

 

Abbiamo sempre scritto che il ddl sulle unioni civili non ha mai portato la firma della povera Cirinnà, che ora può tornare a occuparsi di cani e gatti (come ha ventilato Napolitano), bensì quella del nostro presidente del consiglio. Lo si è visto molte volte, ma il colmo è stato raggiunto con la memoria dell’avvocatura di stato su un ricorso alla Corte costituzionale che riguarda proprio l’adozione gay. Nessuno ancora ne ha dato una spiegazione, e si cerca di annegare nel silenzio una gravissima scorrettezza istituzionale da parte della presidenza del consiglio.

 

Nella memoria si sostiene che l’adozione gay in pratica già c’è, e questo è il punto dirimente, che rende lo stralcio dell’art. 5 un atto dal valore puramente estetico. Nessun tribunale dei minori negherà l’adozione alla coppia gay che torna dall’estero avendo fatto ricorso all’utero in affitto, e poi, entro brevissimo tempo, ci sarà una sentenza della Corte europea o della Consulta che farà passare tutto, senza nemmeno necessità di approvare una riforma della legge sulle adozioni (peraltro già prospettata da Marcucci, quello del canguro).

 

Per quanto riguarda l’ardore messo da taluni, anche a sinistra, sulla questione dell’utero in affitto, bisogna dire che non è facile mettere in campo una normativa veramente efficace quando non c’è la volontà della magistratura di applicarla e quando il governo mira in realtà a legittimare la pratica, come dimostra la memoria dell’avvocatura dello stato. Il divieto di maternità surrogata già esiste nella nostra normativa (vedi legge 40) ma nessun tribunale lo ha mai applicato, preferendo interpretarlo come rivolto solo agli operatori sanitari. E basterà vedere come sarà accolto Nichi Vendola quando tornerà da padre (“sarà un papà bravissimo”, ha già anticipato Rondolino) dagli Usa, dove pare stia aspettando che nasca il bimbo commissionato a una mamma che dopo il parto glielo consegnerà, come da contratto.

 

Renzi dunque torna dagli alfaniani, poiché, nonostante Di Maio assicuri che i voti dei 5 stelle sulle unioni civili ci sono, il premier non si fida più di loro, e soprattutto li vuole punire per aver osato votare contro il “suo” canguro. Adesso anche Ncd e Udc, con uno scatto d’orgoglio, potrebbero alzare la testa e dettare le condizioni, rifiutando di prestarsi a un gioco sporco: unioni civili oggi per avere le adozioni domani. Ma temiamo che non sarà così. Alfano probabilmente acconsentirà alla messa in scena, e spaccerà lo stralcio estetico dell’art.5 come una sua vittoria; e quel che è peggio, come una vittoria dei cattolici.