«Renzi va avanti per slogan perché ha capito che la riforma non funziona»
18 Agosto 2016
Terza puntata del nostro speciale “Amministratori per il No”, il ciclo di interviste ai sindaci, consiglieri comunali e regionali impegnati nella battaglia contro il referendum costituzionale. Con Mauro Di Dalmazio, consigliere regionale in Abruzzo, proviamo a fare un’operazione di demistificazione della propaganda messa in campo dal fronte del Sì.
Dopo aver personalizzato la campagna referendaria – “con me o contro di me” –, Renzi ha cambiato strategia spiegando di voler entrare nel merito della riforma costituzionale. Che ne pensa?
«Benissimo, entriamo nel merito. Dire come fanno i sostenitori del Sì che il Paese aspetta le riforme da anni e tanto vale accontentarsi di questa, anche se contiene evidenti distorsioni ed è stata votata a colpi di maggioranza dal parlamento, è una solenne sciocchezza. Se una riforma è fatta male non deve passare, punto».
“Risultato storico”, “ingenti risparmi” e “superamento del bicameralismo”. Solo fumo negli occhi?
«Proclamare la fine del bicameralismo è inutile se non si spiega cosa accadrà dopo, visto che gli obiettivi prefissati sembrano confusi o irraggiungibili. Per dirla con una battuta, lungi dall’ottenere quel superamento, si passa da un bicameralismo perfetto a uno profondamente imperfetto. Grandi risparmi? Per ridurre qualche indennità c’era forse bisogno di una riforma costituzionale? I risparmi in realtà saranno assolutamente esigui rispetto ai costi che le distorsioni provocate dalla riforma potranno determinare. Mi sembra chiaro che si tratta di concessioni a facili argomenti demagogici. Se ci fosse stato un vero confronto nel merito sarebbero emerse tutte queste patologie».
Insomma, la comunicazione di Renzi sul referendum costituzionale non decolla. Come mai?
«Il presidente del consiglio si è accorto che la riforma – in combinato disposto con l’Italicum – produrrà uno squilibrio formidabile nel sistema, aprendo un vulnus al livello della democrazia rappresentativa. Così ha scelto di andare avanti per slogan, nel tentativo di salvare il salvabile. Ma la politicizzazione impressa da Renzi alla riforma denota solo la strumentalità di un referendum che, passi o non passi, sarà stato inutile per il nostro Paese».
Si può votare No al referendum ed essere innovatori e riformatori?
«Certo che si può e stiamo portando avanti una capillare campagna di informazione sui territori per spiegare ai cittadini che il nostro non è un No conservatore».
Può spiegarsi meglio?
«Questa riforma costituzionale è piena di complicazioni inutili per l’Italia, un Paese fermo davanti alle grandi sfide sociali ed economiche del mondo globalizzato. Aderire ai comitati civici del ‘No che serve’ significa credere che il processo riformatore possa ripartire svincolandolo dalla lotta politica contingente e rendendolo davvero funzionale alle esigenze dell’Italia. Esattamente quello che manca alla riforma Renzi-Boschi».
(Intervista a cura di RS)