Rep. se la prende col Cav. ma si dimentica dell’Ing.

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Rep. se la prende col Cav. ma si dimentica dell’Ing.

22 Maggio 2009

Le nomine Rai hanno per un paio di giorni distratto La Repubblica dalla sua crociata su veline e divorzi (ma non dubitiamo che riparta molto presto visto le migliaia di copie guadagnate nelle ultime settimane). La tesi è la solita: il Cav. tornato Caimano allunga le sue grinfie sull’informazione, ormai onnipotente e incontrastato.

Tesi sicuramente suggestiva e di un certo impatto, ma che proprio a Repubblica dovrebbero saper temperare con qualche altro elemento. Non foss’altro perchè, appena qualche giorno fa, il loro editore, Carlo De Benedetti, si vantava pubblicamente di aver "repubblichizzato" l’informazione italiana, nel senso di aver diffuso in modo quasi virale il marchio di famiglia su gran parte della grande stampa e non solo.

Fate un momento due conti su fatti ancora recenti. Alla Stampa di Torino è appena arrivato come direttore il giovane Mario Calabresi, già caporedattore centrale e corrispondente da New York di Repubblica. L’ex direttore, Giulio Anselmi, già direttore dell’Espresso (sempre debenedettiano) finirà a fare il presidente dell’Ansa e scusate se è poco (Berlusconi voleva Sorgi ma è stato sconfitto). A dirigere la stessa Ansa poi è destinato Luigi Contu, oggi caporedattore di Repubblica.

Anche alla Rai l’influenza dell’ingegnere si farà sentire: Mario Orfeo, il futuro direttore del Tg e attuale direttore del Mattino ha fatto tutta la sua carriera prorpio al quotidiano di largo Fochetti. E forse vi siete già dimenticati che il presidente della Rai è Paolo Garimberti, ex vicedirettore di Repubblica.

Ci vogliamo aggiungere anche il direttore del Riformista, Antonio Polito e quello dell’Unità, Conchita De Gregorio, anche loro penne illustri di Repubblica e ora sulla tolda dei loro giornali?

A margine si potrebbe aggiungere che nè il direttore del Sole24Ore, Gianni Riotta, nè quello del Corriere della Sera, Ferruccio de Bortoli, hanno a che spartire con Berlusconi e le sue preferenze e il quadro appare già fortemente ridimensionato.

Almeno quando è in ballo l’orgoglio di bandiera, Repubblica potrebbe attenersi un  po’ più al vero e riconoscere al suo bravo e potente editore i meriti che gli spettano.