Requiem alla credibilità del socialismo di Zapatero
20 Novembre 2008
Il G-20 di Washington del 15 novembre ha messo in evidenza in modo impietoso lo scarso peso della Spagna in politica estera. Alla Casa Bianca il presidente Bush ha accolto i venti capi di stato delle nazioni più potenti. Ma
La recessione ha gettato anche
A sostenere la presenza spagnola all’incontro di Washington non sono bastate né le richieste del re Juan Carlos né gli interventi del presidente della Banca Centrale Europea, Jean Claude Trichet, e della Commissione Europea, Durão Barroso. E neppure i frequenti “viaggi lampo” da un lato all’altro del globo – da Pechino al Brasile, passando da Bruxelles e Parigi – che il capo del governo spagnolo ha realizzato in meno di due settimane.
A quanto pare, a far cambiare la situazione è stato un assegno in bianco staccato dallo stesso Zapatero a Sarkozy. La notizia è apparsa sul giornale “Le Figaro”, citando una fonte vicina al presidente francese: il premier spagnolo avrebbe offerto “qualsiasi cosa per poter partecipare alla riunione”. Detto fatto: Sarkozy avrebbe ceduto uno dei suoi due seggi proprio a Zapatero. E, tornato vittorioso da Washington, il capo del governo spagnolo ha sottolineato il suo ruolo essenziale nel vertice, “nonostante gli sforzi sostenuti per riuscire a esserci”.
Uno sforzo che l’opposizione spagnola ha attribuito al presidente francese: “Si è mostrato il migliore ambasciatore che abbiamo e un potenziale ministro degli Affari Esteri”, ha ironizzato Soraya Sáenz de Santamaría, portavoce del gruppo popolare al Congresso dei Deputati. L’opposizione accusa Zapatero e il suo governo di aver dovuto “mendicare il sostegno” a causa “dell’assurda e dilettantesca politica estera” che gli impedisce “di essere preso sul serio in tutti i vertici internazionali”.
Il governo socialista respinge le accuse e punta il dito contro Bush. Il presidente americano si sarebbe opposto alla presenza di Zapatero nel Summit come una “ripicca”, sia per la brusca ritirata delle truppe spagnole dall’Iraq nel 2004, sia per la politica fortemente socialista sostenuta da Zapatero. Un giudizio non molto lontano dalla realtà se si pensa che il primo ministro spagnolo aveva preannunciato che la sua presenza al Vertice era essenziale per “dare voce alle idee socialdemocratiche affinché si concluda il ciclo storico delle ideologie neoliberali e neoconservatrici”. E non a caso le prime e le ultime righe del suo discorso sono state: “E’ giunto il momento per le politiche socialdemocratiche”.
Al di là delle grandi ambizioni di Zapatero, dal vertice non è scaturita nessuna rivoluzione socialista bensì un consolidamento del sistema liberale. Dagli accordi di Washington, infatti, resta il fatto che il capitalismo e il mercato sono punti di riferimento per la gestione dello sviluppo economico anche se con “riforme” per la trasparenza del sistema finanziario e con misure per stimolare la crescita dell’economia globale. Con la coda fra le gambe,