Requiem per la sinistra

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Requiem per la sinistra

08 Dicembre 2016

La sberla presa da Renzi al referendum, Hollande che non si ricandida, il dimissionario primo ministro Valls che chiede alla sinistra francese di “riconciliarsi” con se stessa, i socialisti spagnoli sempre più ai ferri corti, la residuale sinistra inglese tentata da Brexit, gli Obama e i Clinton travolti da Trump. E un po’ più a sud geograficamente, la Cuba del fratello di Castro in divisa mimetica e gli ormai ‘impresentabili’ Dilma e Lula ai funerali di Fidel, alfieri di una nuova sinistra latinoamericana inguaiata dagli scandali e che non lascerà un ricordo migliore di tipi come Chavez. 

Resiste Tsipras in Grecia che però, capita l’antifona, e pur avendo preso le necessarie contromisure (allungarsi verso la Russia e la Cina), non è che poi alla fine dei conti si sia davvero ribellato ai “diktat di Bruxelles”. La sinistra a livello globale è allo sbando, tutta, quella riformista, socialista, democratica, radicale, persino i noglobal, a cui va dato atto di aver denunciato per primi la “dark side” della globalizzazione, si sono gingillati nella battaglia contro i grandi marchi senza capire realmente cosa stava accadendo in profondità, che non è solo il paio di scarpe della Nike prodotto chissà dove delocalizzando il lavoro. 

La prigione mentale del politicamente corretto ha impedito e impedisce alla sinistra di ripensare i mantra come la società multiculturale, sorvolando sul collegamento che c’è tra la globalizzazione dei mercati e la immigrazione fuori controllo: un mix molotov che ha prodotto non solo un esercito della manodopera immigrata di riserva che sta progressivamente scalzando con meno diritti e salari più bassi interi pezzi del nostro mondo del lavoro, ma ha anche creato pericolose enclave a sfondo tribale e religioso nei paesi europei. Se n’è accorta persino Angela Merkel, che, lanciando la campagna elettorale, ci ha tenuto a dire che in Germania non c’è la sharia law.

Avendo messo in freezer allegramente concetti come frontiere e identità, e dopo aver scambiato per nazionalismo il giusto esercitarsi del potere degli stati sovrani, adesso la sinistra ne paga tutte le conseguenze. Compresa l’illusione che facendosi spalleggiare dalle elite, dai poteri forti, dai media, dagli intellettuali e dai personaggi dello spettacolo, si possa ovviare alle proprie mancanze, fino al delirio di onnipotenza per cui diventa possibile anche togliere ai cittadini l’unica cosa che gli è rimasta per far sentire la propria voce, il libero voto – vedi cosa proponeva in tal senso per il Senato la riforma Renzi. E così la rivoluzione di popolo, la “rottamazione”, diventa rivoluzione passiva, rivoluzione del capo, populismo di sinistra con le sue oligarchie e i suoi tratti anche reazionari. Ma se il renzismo si sta sfibrando, o è già finito, la sinistra che rimane in giro non ride.