Requiem per le “sardine”: questi giovani non sanno più che fare

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Requiem per le “sardine”: questi giovani non sanno più che fare

Requiem per le “sardine”: questi giovani non sanno più che fare

18 Giugno 2020

di Frodo

Descrivere quello che rappresentano le “sardine” è sempre stato un compito arduo. La sensazione è che neppure loro lo sappiano. Il fatto è che se dipendesse da quello che pensiamo noi, allora le “sardine” non rappresenterebbero nulla. La mancanza di un pensiero coerente e strutturato basterebbe da sola a sentenziare sulla qualità politica. Ma questi giovani sono riusciti ad attirare le attenzioni di certa stampa, di certa media televisivi, di certi palazzi e persino di certe sfere ecclesiastiche. Per cui, in qualche modo, diviene quasi obbligatorio occuparsene, e anche spesso.
Un po’, a voler essere onesti, dipende anche dalla povertà del panorama politico italiano. Un’altra fetta di questa storia, a voler essere ancora più onesti, è dominata dall’urgenza che qualcuno fornisca la garanzia di saper raggruppare gli italiani esasperati in un moto pacifico in vista dell’autunno. La crisi economica che deriva dal lockdown non è uno spauracchio politologico: è già realtà. Ma in mezzo dimorano da una parte l’estate e dell’altra quello che è rimasto nelle tasche di chi ha potuto o voluto risparmiare. Il primo atto di quella che è annunciata come una tragedia può aspettare, ma poi? C’è sempre un tempo prima della battaglia. Chi si preoccupa è chiamato a studiare il terreno dello scontro prima che le truppe compaiono. Capiamoci: nessuno da queste parti osa confidare nelle “sardine”, ma la domanda sul chi sarà in grado di frenare l’autunno caldo è legittima.
Ieri sera ad Otto e Mezzo è andato in onda un simpatico teatrino, in cui persino Andrea Scanzi (che però ha spiccate simpatie grilline) è sembrato un po’ titubante sul percorso di Santori e degli altri esponenti “ittici”. Scanzi ha dato a Santori del “giovane Renzi”. Semplici beghe nel campo occupato dalla sinistra? In qualche modo sì, ma in quella zona ideologica è pieno di gente che vorrebbe conoscere le intenzioni di Santori, della Cristallo e degli altri movimentisti. Se non altro per una mera curiosità. Ma è lo stesso Santori ad aver elargito risposte che non si capiscono. Con buona pace di chi pensa che le imminenti proteste degli italiani possano essere incasellate dentro il fenomeno sardinesco.
Citiamo il principale virgolettato – quello più significativo – che è stato riportato per intero dall’Adnkronos: “Domani inizieremo a parlare con i referenti regionali, perché vogliamo esserci, vogliamo dire la nostra alle elezioni regionali, ma c’è una componente liquida che è importantissima e riguarda tutti quelli che si vorranno unire”. In termini politici, significa poco o nulla. Può significare che sono pronti al componimento delle liste come no. Così come può significare che le “sardine” hanno intenzione di risiedere ancora sul livello del semplice movimento d’opinione, con l’exceptio che ad oggi non c’è più niente da movimentare. Perché gli italiani hanno più che altro fame. E persino Santori sembra averne contezza.
Sembra di rivivere in piccolo la storia di “Occupy Wall Street”, che ha mosso le masse ma che non è mai riuscito a strutturarsi per via di due fattori abbastanza riconosciuti da chi è in buona fede: il fatto che larga parte degli occupanti non avesse troppa fame sociale; l’accostamento politico-ideologico tra gli occupanti ed i loro leader di riferimento, che tuttavia facevano riferimento pure ai potentati che gli occupanti dicevano di voler combattere. Hillary Clinton, per intenderci, non era e non è proprio il simbolo della lotta contro l’alta finanza.
Mattia Santori si trova più o meno nella stessa condizione di un capo-popolo di “Occupy Wall Street”: una grande voglia di occupare un prato, magari quello di Villa Pamphili, che è tuttavia stato occupato da uno dei tuoi alleati, da uno di quelli verso cui desideri operare “aperture”, anche se non ne conosci la consistenza. Qualcosa le “sardine” faranno. Noi, che vogliamo mettere le mani avanti, ci prepariamo per il requiem politologico, ma accettiamo volentieri smentite.