Responsabilità civile dei magistrati, l’Italia non è al passo con l’Ue
16 Gennaio 2012
Sono anni che si dice che in Italia c’è un problema non più eludibile o rinviabile: la questione giustizia. Eppure, nonostante l’ampia pubblicistica in materia e nonostante casi eclatanti di giudici che non solo hanno commesso gravi errori senza rispondere del loro operato, ma addirittura hanno fatto incredibili e sconvolgenti progressioni di carriera, in Italia la questione giustizia resta tuttora irrisolta.
E’ stata l’Europa, con una sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea del 24 novembre 2011, a mettere in luce l’incompatibilità della disciplina italiana in materia di responsabilità civile dei magistrati con la normativa comunitaria. Sulla questione ha chiesto di fare chiarezza l’europarlamentare Pdl Erminia Mazzoni, che ha presentato un’interrogazione scritta alla Commissione europea per capire come mai, nonostante il principio generale comunitario imponga la responsabilità degli stati membri per i danni eventualmente prodotti dallo Stato in caso di “manifesta” violazione del diritto comunitario, la normativa italiana vada in un’altra direzione. L’articolo 2, secondo comma, della legge 117/88 esclude, infatti, qualsiasi responsabilità dello Stato italiano qualora tale violazione derivi da un’interpretazione di norme di diritto. Detto in parole povere: lo Stato italiano afferma che il magistrato è esente da responsabilità per il modo in cui interpreta il diritto e, di riflesso, è esclusa la responsabilità dello Stato stesso. Una tale disciplina, però, è in contrasto con lo stesso diritto comunitario e genera una ingiusta compressione dei diritti del cittadino.
Dalla presa d’atto di tale inaccettabile situazione è scaturita, appunto, l’interrogazione scritta della Mazzoni, che ha chiesto alla Commissione europea “se e quali azioni ritenga necessario intraprendere al fine di garantire che lo Stato italiano si conformi ai principi elaborati dalla Corte di Giustizia”.
Sicuramente tale interrogazione riapre la questione sulle ormai doverose modifiche di cui ha bisogno la normativa italiana in tema di giustizia. In attesa della risposta della Commissione, sembrano ormai inevitabili tutta una serie di interventi. In primo luogo, andrebbe modificata la legge 117/88: si dovrebbe introdurre, cioè, la responsabilità dello Stato per la “manifesta” violazione del diritto comunitario, in modo da mettere l’Italia in linea con la normativa comunitaria.
Ma il vero elemento sul quale meditare riguarda la riorganizzazione dell’ordinamento giudiziario. Il vero punto debole del sistema, infatti, è quello della responsabilità disciplinare: troppe intollerabili difese corporative. Sono troppi i magistrati che sbagliano e non subiscono sanzioni disciplinari per il modo in cui amministrano la giustizia. Come è stato da più parti osservato, è necessario, nell’ottica di una doverosa riforma, separare le carriere, e non solo le funzioni dei magistrati: di conseguenza anche il Consiglio superiore della magistratura andrebbe separato in due distinte sezioni, una per i pubblici ministeri, l’altra per i giudici. In tal modo si andrebbe ad intaccare quello che al momento appare come un blocco monolitico e autoreferenziale di potere. Insomma: c’è ancora molta strada da fare per rendere la giustizia italiana più giusta.