Ricordiamo Scalia, bastione del conservatorismo americano

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Ricordiamo Scalia, bastione del conservatorismo americano

15 Febbraio 2016

“Restate sintonizzati! Una corte magnanima presto darà alle persone anche il diritto di morire”, così, provocatorio come sempre, il giudice della Corte Suprema americana Antonin Scalia anni fa vestiva i panni del presentatore televisivo per dare addosso ai suoi colleghi durante una conferenza dove si discuteva tra le altre cose di eutanasia. Era stato il presidente Ronald Reagan a nominarlo nel 1986 ai vertici del sistema giudiziario americano e nell’arco di due decenni “Nino”, come lo chiamavano gli amici, si era fatto la fama di persona schietta, “outspoken” come dicono gli americani, un giocatore della politica e della filosofia della politica che non si è mai nascosto dietro ai sofismi.

Figlio di italoamericani e per nove volte padre, Scalia si è spento venerdì scorso a 79 anni in un ranch del Texas che lo ospitava per una battuta di caccia. Non è facile riassumere in poche righe il ruolo svolto da questo “patriota” americano nella sua lunga carriera, possiamo dire semplicemente che è stato una figura centrale nella storia della Corte suprema, tanto è vero che in queste ore, sui giornali e nei media statunitensi, persino i suoi acerrimi rivali gli riconoscono di aver inciso profondamente sulla giustizia statunitense, con interpretazioni a volte beffarde ma sempre argute del dettato costituzionale.

“Diversi colleghi mi dicono che la Costituzione è un testo vivo,” diceva, “io devo ricordare loro che è un testo morto”. La sua idea sulla funzione della Corte in fondo era semplice: interpretare la Costituzione come i Padri fondatori l’avevano concepita e scritta. Si potrebbe aggiungere che – ancor prima dell’interpretazione della costituzione – Scalia ha saputo influenzare le interpretazioni giuridiche della Corte stessa, difendendo il primato del legislatore su quello dei giudici e dei burocrati. Per Scalia anche tirannidi come l’Unione Sovietica potevano dotarsi di bellissime carte costituzionali ma era solo la separazione dei poteri garantita dalla Carta, il vero guardiano delle libertà individuali. Nella testa di Scalia veniva prima l’espressione “Noi, il popolo degli Stati Uniti…” e solo dopo le leggi scritte per governarlo. 

Nelle motivazioni alle sentenze della Corte era solito usare immagini colorite e a volte geniali, come quando mise assieme l’Obamacare e i broccoli per spiegare la incostituzionalità della riforma sanitaria di Obama: sarebbe costituzionale se lo stato ci obbligasse a comprare i broccoli? No. E allora perché deve obbligarci a comprare una polizza assicurativa? La fedeltà alla Carta dei Padri Fondatori e la sua visione del mondo ne hanno fatto con il passare del tempo un bastione del conservatorismo americano, per esempio sulle “social issues”, su temi controversi come l’aborto che Scalia interpretava rifacendosi al Quattordicesimo emendamento, ovvero dal punto di vista della protezione di ogni persona di fronte alla legge.

Quando lo scorso anno la Corte suprema aprì alla legalizzazione dei matrimoni gay, l’opinione dissenziente di Scalia fu particolarmente dura: “Abbiamo invalidato le leggi matrimoniali di metà degli Stati dell’Unione e abbiamo trasformato una istituzione sociale che è stata la base della società umana nei millenni. per i Boscimani dell’Africa meridionale come per gli Han della Cina, per i Cartaginesi e gli Aztechi. Mi domando: ma chi ci crediamo di essere?”. “Un sistema di governo che subordina il popolo a una commissione di nove giuristi non eletti non merita di essere chiamato democrazia”. E ancora: “Oggi la Corte suprema degli Stati Uniti è retrocessa agli aforismi mistici dei dolcetti della fortuna”.

Scalia ripeteva continuamente che essere un credente, “pro-life” e “social conservative”, avere delle simpatie politiche, insomma, non scalfiva di un millimetro la sua capacità di discernimento e decisione. Detestava però il politicamente corretto, gli avvocati delle cause perse e gli uomini della legge in cerca di celebrità. Adesso lascia un posto vuoto che pesa già nella prospettiva di chi andrà a occuparlo, in un momento complicato, mentre Obama si prepara a fare le valigie, gli sfidanti repubblicani e democratici si giocano tutto nelle primarie, e la Corte Suprema su importanti sentenze resta in equilibrio in una condizione di assoluta parità. Qualcuno in casa repubblicana chiede già di congelare la nomina del suo successore, in attesa di avere un nuovo presidente. Ma non sarà facile onorare l’eredità di “Nino”.