Ricostruire il Pdl per portare avanti i valori del centrodestra
20 Dicembre 2010
La sconfitta di Fini sulla mozione di sfiducia è stata una vittoria importante per il Pdl, che tuttavia adesso deve compiere scelte cruciali se vuole portare avanti la legislatura e il programma. Quella del 14 dicembre è stata una prova muscolare importante, ma che non può mettere sotto il tappeto i problemi che hanno spinto decine di uomini e donne a cambiare idea rispetto al voto con il quale sono entrati in Parlamento. Perché se è vero che lo scontro è stato una questione di leadership, un fatto personale tra Berlusconi e Fini, è anche vero che è nato per un dissidio nella gestione del partito, su istanze che i parlamentari hanno sentito come vere e reali. Se si fossero trovati a loro agio nel Pdl probabilmente non avrebbero seguito Fini, lo avrebbero lasciato solo.
E’ evidente, dunque, che non si può portare avanti un programma di governo ambizioso con una maggioranza risicata, né andare avanti con negoziati con i singoli parlamentari per ogni provvedimento. Sarebbe sfiancante e porterebbe al logoramento dell’azione e dell’immagine di questo governo e del suo leader. I problemi, insomma, sono tutti lì e non possono essere messi da parte dal superamento di una prova di forza su una singola votazione.
Occorre, innanzitutto, fare del Pdl quel partito liberale e popolare in cui gli italiani credono, recuperare il rapporto con il popolo, con la gente e con i territori, a partire da quello pugliese. Dare la possibilità, soprattutto a chi se n’è andato, di riconoscersi nuovamente in un progetto comune.
Sarebbe importante se, a prescindere da un’eventuale campagna elettorale, s’incominciasse un percorso per individuare un coordinatore unico a livello nazionale, in grado anche di avere una dialettica con il capo del governo su singoli temi, un percorso in grado di portare ad un presidio del territorio più capillare e diffuso, anche grazie ad internet, che privilegi il contatto diretto e costante tra gli eletti e il loro popolo. Sarebbe bello anche se si decidesse di istituzionalizzare una vera e propria scuola per la classe dirigente del futuro: seminari, eventi, percorsi che possano consentire, soprattutto a sud, di affrontare e vincere la sfida del federalismo, della riforma della scuola, della giustizia, della pubblica amministrazione, dello sviluppo economico, dell’internazionalizzazione delle imprese, insomma, del mondo che cambia. Perché, oggi più di ieri, non basta studiare una buona riforma, diventa fondamentale il modo in cui la si applica.
Uno dei cardini dell’ideologia liberale deve essere, poi, la meritocrazia, che in politica significa far andare avanti i migliori, i più preparati, quelli che hanno i maggiori riscontri elettorali. Tutto il contrario dell’adulazione del potente di turno, che invece finisce con l’inaridire la voglia di partecipazione e di confronto, con il far diventare le decisioni opere di cieca obbedienza, finalizzate alla conservazione di un potere che però resta sterile.
Al Sud, il cosiddetto terzo polo potrebbe essere l’ago della bilancia ad ogni elezione. E questa circostanza rischierebbe di diventare, di conseguenza, fondamentale per la formazione del Parlamento e per la scelta della coalizione che governerà l’Italia. Ora o nei prossimi anni. Non si tratta tanto di recuperare un certo numero di deputati – che pure al momento è importante per garantire la governabilità -, ma di porre le basi per togliere la terra sotto ai piedi di quello che, di tutta evidenza, è un tentativo di restaurazione della vecchia politica. Un polo centrista, in grado di far vincere l’una o l’altra coalizione a seconda delle convenienze, è un fattore che rischia di condizionare pesantemente la politica della nazione. Per evitare questo occorre dare una speranza a quei giovani, a quei militanti, a quegli eletti che credono di poter cambiare il Paese con una rivoluzione liberale e meritocratica e che, finora, non si sono pienamente riconosciuti nel Pdl per le difficoltà di gestione di questo grande partito nato da poco, ma con una grande storia alle spalle.
Visto che siamo in pieno clima natalizio e visto che s’incominciano a fare i bilanci di fine anno e a stillare la lista dei buoni propositi per il prossimo, il miglior augurio per il nuovo anno è ritrovare un partito aperto, meritocratico, in grado di confrontarsi con tutti e fare sintesi importanti. In questo caso non è tanto importante che il percorso si concluda in tempi brevi, ma è fondamentale che venga intrapreso. Tanta gente, tanti militanti aspettano un segnale di cambiamento per continuare a credere in un’idea che non tramonti.