Ridurre i poteri del Cda Rai significa pregiudicare la rappresentatività democratica

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Ridurre i poteri del Cda Rai significa pregiudicare la rappresentatività democratica

16 Luglio 2012

La centralità del Parlamento nella governance della Rai e la limitata possibilità di interferenza dell’esecutivo nella definizione degli indirizzi strategici e nella scelta delle figure apicali chiamate ad attuarli sono da quasi quarant’anni cardini dell’orientamento del legislatore. Ciò in conformità con i principi sanciti fin dal 1974 dalla Corte costituzionale, secondo i quali un simile assetto è essenziale a garantire piena tutela ed esplicazione del pluralismo.

Ancora nel 2009 la Corte, nel dirimere un conflitto di attribuzione tra la Commissione Vigilanza Rai e il ministro dell’Economia, dopo aver ribadito che “l’imparzialità e l’obbiettività dell’informazione possono essere garantite solo dal pluralismo delle fonti e degli orientamenti ideali, culturali e politici”, ha individuato nella “rappresentanza parlamentare, in cui tendenzialmente si rispecchia il pluralismo esistente nella società”, il “più idoneo custode delle condizioni indispensabili per mantenere gli amministratori della società concessionaria, nei limiti del possibile, al riparo da pressioni e condizionamenti, che inevitabilmente inciderebbero sulla loro obbiettività e imparzialità”.

Secondo il dettato della Corte, la governance della Rai deve dunque da un lato evitare che gli organi direttivi possano essere “direttamente o indirettamente espressione, esclusiva o preponderante, del potere esecutivo”, dall’altro assicurare che la “struttura” interna degli organi direttivi, sia “tale da garantirne obiettività”. Questa doppia condizione, in base a una consolidata giurisprudenza costituzionale, può realizzarsi solo se “siano riconosciuti adeguati poteri al Parlamento, che istituzionalmente rappresenta l’intera collettività nazionale”, al fine di garantire al “servizio pubblico radiotelevisivo, inteso come servizio sociale”, un “elevato tasso di democraticità rappresentativa”.

A tali principi il legislatore si è strettamente conformato. In particolare, la rappresentatività democratica dell’organo direttivo della Rai – quale garanzia essenziale del pluralismo “delle voci e delle idee” – si riflette, sul piano ordinamentale, nella centralità del Consiglio di Amministrazione e nel regime che ne disciplina composizione, nomina e attribuzioni. Concepito come organo collegiale essenzialmente emanazione della volontà delle Camere, il CdA è in larga maggioranza (sette consiglieri su nove) composto da membri designati dalla competente Commissione parlamentare.

In linea con tale impostazione, le attribuzioni essenziali del CdA sono individuate espressamente e puntualmente dalla legge, con norma avente carattere di specialità, nella prospettiva di riservare al Consiglio le decisioni e gli atti di maggior rilevanza per il governo dell’azienda.

La delega al presidente del CdA di attribuzioni essenziali, che la legge espressamente affida con norma speciale all’organo nella sua “dimensione collegiale”, comporterebbe una grave alterazione dell’equilibrio istituzionale e di governance, in violazione dei principi costituzionali. In particolare, una tale delega trasformerebbe il decision making strategico dell’Azienda da collegiale in monocratico, investendo in radice le modalità con cui si forma la volontà dell’ente con riferimento alle sue scelte nevralgiche.

Tali attribuzioni, espressamente e puntualmente individuate dalla legge, non sono infatti disponibili, in quanto assegnate dalla norma al CdA nel suo insieme. Inoltre, una delega deliberata ai sensi dello statuto Rai, oltre che incompatibile con le superiori norme di legge, si porrebbe in contrasto con i principi enunciati dalla giurisprudenza costituzionale. Il CdA Rai, infatti, in quanto organo di proiezione parlamentare, è presidio essenziale di salvaguardia del pluralismo: ne consegue che una eventuale sottrazione di prerogative cruciali alla collegialità dell’organo – per di più su indicazione o condizionamento dell’esecutivo – pregiudicherebbe irrimediabilmente la “rappresentatività democratica” dei processi decisionali dell’azienda e farebbe quindi venir meno la fondamentale garanzia di pluralismo prevista dall’ordinamento.

Ridurre i poteri del Cda Rai significa pregiudicare la rappresentatività democratica

(tratto da Il Tempo)